sabato 21 febbraio 2015
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Diciamolo subito: nessuno ha in tasca la ricetta sicura per evitare che in futuro si ripeta lo scempio che gli hooligans del Feyenoord hanno compiuto giovedì a Roma. Disordini analoghi si sono già verificati in passato in occasione di incontri di calcio un po’ in tutta Europa, con conseguenze magari meno pesanti a livello di danneggiamenti, ma più gravi in termini di vittime e feriti. Meno di tre mesi fa un tifoso di 43 anni del Deportivo La Coruna è morto a Madrid, dopo essere stato gettato nel fiume Manzanarre nel corso di un’autentica battaglia ingaggiata con i "nemici" dell’Atletico per le strade della capitale spagnola. Da noi è ancora fresco il dolore per la morte di Ciro Esposito, tifoso napoletano ucciso da un ultras romanista prima della finale di Coppa Italia Napoli-Fiorentina. Martedì scorso alcuni razzisti dichiarati, tifosi del Chelsea in trasferta a Parigi per il match di Champions’ League con il Psg, hanno fisicamente impedito a un signore di colore di prendere la metropolitana, forti della paura che incutevano a tutti gli altri passeggeri con il loro atteggiamento minaccioso. Non parliamo, poi, di ciò che combinano, ovunque vadano, le frange estreme delle tifoserie dell’Europa dell’Est. Se ne dovrebbe dedurre che tutte le polizie d’Europa sono incapaci di fare il proprio mestiere. Ovviamente non è così.Ma, altrettanto ovviamente, non ci si deve rassegnare alle scorribande dei nuovi barbari, come sono stati giustamente definiti. È tuttavia doveroso partire da due capisaldi, altrimenti il ragionamento rischia di rivelarsi fumoso e, quindi, sterile. Il primo: andare in giro a sfasciare teste e città non è un diritto, perciò i colpevoli sono sempre e comunque coloro che di questi comportamenti delinquenziali pretendono di fare - per dirla nel loro gergo - "uno stile di vita". Il secondo: non si può pensare di sospendere la libera circolazione prevista dagli accordi di Schengen per una partita di calcio. Del resto, non lo si è fatto finora nemmeno di fronte a una minaccia ben più estesa, come quella del terrorismo di matrice islamica. Grazie a quegli accordi, ciascuno di noi può spostarsi quando e come vuole dall’Italia verso uno degli altri Paesi europei aderenti, ovvero quasi tutta la Ue più diversi Stati "terzi". Grazie a quegli accordi, non pochi energumeni con la sciarpa del Feyenoord, che non avrebbero potuto seguire la loro squadra a Roma in quanto diffidati, sono andati a prendere l’aereo a Bruxelles da liberi cittadini. È evidente, insomma, che la chiave del problema è un modello di prevenzione che garantisca sicurezza e ordine senza comprimere in misura non tollerabile le libertà individuali. Accusa a cui facilmente va incontro l’autorità di polizia quando effettua fermi per nulla o scarsamente motivati. Come accadde poco più di un anno fa in Polonia, dove circa 150 tifosi della Lazio, a Varsavia per l’incontro di Europa League con il Legia, furono arrestati e poi trattenuti a lungo (alcuni per settimane), la grandissima parte per il solo fatto di essere stati presenti tutti insieme in un luogo. La legge polacca lo consente, da noi non è possibile né sarebbe considerato accettabile. Ecco allora che l’Europa, già più volte citata in queste righe, torna l’unica possibile soluzione. A cominciare dall’armonizzazione della legislazione in materia, ma non certo con la punizione preventiva di presunte "radunate sediziose". Si potrebbe pensare piuttosto (un’idea del genere è stata avanzata ieri dal ministro dell’Interno Alfano) all’introduzione di un Daspo - il divieto a frequentare manifestazioni sportive - a livello di Uefa, che sia notificato a tutti i Paesi dell’area Schengen così da bloccare i malintenzionati almeno negli aeroporti.
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