martedì 16 dicembre 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
Milano Expo, Venezia Mose, Roma Cooperative, sono gli ultimi business artigliati dagli affiliati alla grande holding del crimine economico-affaristico che intossica il nostro Paese. Hanno il fiuto dell’affare sporco: dove c’è un flusso di denaro pubblico, lì si avventano per deviarne a proprio tornaconto il corso. È un furto, ma speciale. Sono ladri, ma diversi. Della serie "ladro ma onesto". Riescono infatti a camuffare il ladrocinio, al punto da passare per persone dabbene e farsi anche riverire. Non c’è da scassinare niente, non c’è da estorcere un capello, non c’è da armare alcuna mano. Tutto si consuma in una reciprocità perversa tra corruzione e concussione, che mette in relazione di malaffare affaristi e faccendieri da una parte, pubblici ufficiali e politici dissennati dall’altra. Relazione di convenienza e illecito profitto per gli uni e per gli altri. Nella corruzione sono i primi a pervertire i secondi: ad ammaliare e indurre – con tangenti, bustarelle, mazzette – amministratori e politici a decretare e stornare a loro vantaggio ordinanze, risorse e beni pubblici. Nella concussione sono i secondi a pervertire i primi: ad abusare del loro potere, elargendo favori e beni pubblici a trafficanti e profittatori, in cambio di denaro e altre utilità. Corruzione e concussione si interfacciano e si fondono in una spirale avida e scellerata di mutua convenienza. Corruttori e concussori si calamitano a vicenda: gli uni sono funzionali agli altri, perché fonte d’interessi gli uni per gli altri. Entrambi dominati da sete di guadagno, in un vortice ingordo e coattivo di denaro e potere, che domanda nuovo denaro, nuovo potere. Con aria d’arroganza e di sfida: la corruzione – osserva Papa Francesco – «si esprime in un’atmosfera di  trionfalismo, perché il corrotto si crede un vincitore e si pavoneggia per sminuire gli altri». Si aggiunga, oltre tutto, l’emergere in questa stagione soprattutto a livello regionale e locale di una corruzione ad intra della classe politica, volta ad attribuirsi privilegi e benefici a proprio uso e abuso, fino all’inutile e al voluttuario.
Dal momento che non c’è limite alla voracità, il degrado affaristico scivola sempre più in basso. Fino alla speculazione sui poveri e gli emarginati – immigrati, rifugiati, zingari, ex-carcerati, senzatetto, anziani, minori abbandonati – come sta mettendo a nudo l’indagine "mafia capitale". Dove l’avidità mostra il suo volto più perfido: non si ferma neppure dinanzi alla sofferenza, alla privazione, al pianto. Cade anche l’ultima risorsa della coscienza: la pietas di fronte al dolore innocente. Anche questo fatto oggetto di business affaristico. Fino ad augurarsi nuove sventure e pubbliche calamità e compiacersi di esse, per i lucri che promettono i flussi di denaro destinati all’emergenza e all’assistenza. Come da questo sms di un tristemente noto corruttore romano ai suoi compari di malaffare: «Speriamo che il 2013 sia un anno pieno di monnezza, profughi, immigrati, sfollati, minori, piovoso, così cresce l’erba da tagliare, e magari con qualche bufera di neve: evviva la cooperazione sociale!». O dal cinismo di quest’altro: «Si fanno più soldi con gli immigrati che con il traffico di droga». Qualcosa che ricorda molto da vicino la telefonata, intercettata all’indomani del terremoto dell’Aquila, dell’imprenditore-sciacallo che fiuta l’affare: «Io ridevo stamattina alle tre e mezzo dentro al letto». Diceva bene papa Francesco in un’omelia dello scorso mese di giugno: «La corruzione viene pagata dai poveri. Pagano gli ospedali senza medicine, gli ammalati che non hanno cura, i bambini senza educazione, ...questi martiri della corruzione». Le cronache gli stanno dando amaramente ragione.
Ogni ingiustizia è iniqua, ma l’ingiustizia di corruttori e corrotti – di questi "devoti della dea tangente", come li ha chiamati Francesco – è perversa e infame. Lo è molto di più per il suo trend diffusivo e pervasivo: un andazzo esteso e dilagante, che penetra tutti gli ambiti della "cosa pubblica", come mostrano i ripetuti scandali che vengono alla luce dalle indagini della magistratura. «Il business complessivo dell’evasione fiscale, della corruzione e dell’economia mafiosa è da vertigine», ha scritto Gian Carlo Caselli. E e qualche giorno fa il New York Times – dicendo ciò che vede chi giudica l’Italia dalle sue città simbolo: Roma, Milano, Venezia – ha titolato: «Non c’è angolo d’Italia che sia immune». Ma è vero, verissimo: il dilagare della corruzione è una sciagura immane che grava sulla nazione. Un male ostinato, inesausto, nonostante le grandi denunce e condanne, e l’inasprimento delle pene, da Tangentopoli e Mani Pulite sino a oggi. Una fatalità che incombe come un grande Moloch, che deprime e fa sentire impotenti. Una «struttura di peccato» che uccide la speranza. E demolisce, è stato notato, l’idea stessa della «legalità». È vero. Ma la legalità non è il principio della giustizia, dell’onestà e della rettitudine. Principio primo è la morale. Ha detto bene il presidente Giorgio Napolitano: «La legalità frana se non c’è moralità». La legge non poggia su se stessa, sulla sua correttezza procedurale. Poggia sul bene morale, che la legge codifica e prescrive come diritto da riconoscere e rispettare. Il che suppone la coscienza del bene, l’educazione a questa coscienza, fino all’amore del bene che prende forma di habitus, cioè di virtù. Prima fra tutte, in campo sociale, la giustizia, che radica e dispone le libertà e le coscienze al riconoscimento e al rispetto dello ius suum. Per cui la persona dice a se stessa: rubare è male e non si deve; corrompere e farsi corrompere è disonesto e non si fa. Il principio del dovere è dentro: è nella persona; non fuori, nella legge. Solo questa consapevolezza e disposizione morale può obbligare. La legge da sola non basta, la sua legittimità istituzionale non basta, la moltiplicazione delle leggi e l’inasprimento, fino alla "tolleranza zero", non bastano. L’individuo non la percepisce come res sua. Il corruttore e il corrotto cercheranno di eluderla e ci riescono. Si vede: è sotto gli occhi di tutti. È cronaca dei nostri giorni. Cronaca che si ripete.
Occorre acquisire ed educare al senso morale del bene e del diritto: educare alla giustizia. La crisi è morale: è frutto del corto circuito della morale. La vita comune ne soffre vistosamente. Il bene morale è piegato al bene vantaggioso e piacevole: non importa essere buoni, giusti, ma vincenti e appagati; non conta essere veri, ma furbi. Con la perdita di senso etico, con la perdita di senso del peccato, surrogati dal reato: trasgredire è una mera infrazione… ma solo se mi scoprono, mi denunciano e mi condannano. Altrimenti non è niente. In questo niente la corruzione è una tentazione irresistibile, cui si cede facilmente. Dai cedimenti soft a quelli hardware. «Una mancia qua, una tangente là, si arriva alla corruzione», ha sottolineato il Papa. E ha aggiunto: «La corruzione è "il peccato a portata di mano" per ogni persona che ha autorità». Con la facile giustificazione – è ancora papa Francesco a dircelo – del «lo fanno tutti» e del «che male c’è?»; tanto più che «io faccio della beneficenza».Il senso morale apre al senso trascendente e religioso della vita, che mi pone alla presenza di Dio – il Sommo Bene – e sotto il suo giudizio. Giudizio di benedizione per gli operatori del bene. Di maledizione per chi elude il bene per il male. Perché il Giudice supremo ritiene non fatto a lui il bene non fatto al prossimo: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato» (cf Mt 25, 31-46). È il senso morale e il senso trascendente e religioso che schiude all’infinito l’orizzonte della vita, relativizzando ogni ricchezza e potere di questo mondo. Alla scuola del Vangelo, l’uomo impara ciò che conta davvero, impara a vivere bene: «Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?»!(Mc 8,36).
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: