mercoledì 14 settembre 2011
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Il Papa denunciato alla Corte penale internazionale dell’Aja. E con lui i cardinali Bertone, Sodano e Levada. L’accusa: stupro, violenza sessuale e tortura. Motivata in 20mila pagine di denuncia, tesa a dimostrare che il Vaticano «tollera e permette la sistematica e diffusa protezione» di chi commette abusi e molestie su minori in tutto il mondo. Non è la trama di un fantathriller. E se non ci fosse di mezzo l’orrore per quella che lo stesso Benedetto XVI ha definito una tragedia, ci sarebbe solo da buttarla sul ridere, tanto scoperta, smaccata, è la strategia mediatica scelta dai denuncianti – l’associazione statunitense di vittime di preti pedofili Snap, e il Center for Constitutional Rights (Ccr) – per alzare il livello dello scontro. Che, tanto per chiamare le cose col loro nome, significa pubblicità e soldi. Non a caso i due organismi hanno già annunciato un “tour europeo” di “sensibilizzazione”. Da farsi cadere le braccia di fronte all’enormità di una tale piccineria.Ma, appunto, di mezzo c’è qualcos’altro. Ci sono innanzitutto le vittime, dalla cui parte, proprio per volontà di Benedetto XVI, la Chiesa s’è schierata senza “se” e senza “ma”, e pronta a pagare per questo il prezzo della vergogna gettata sulla Chiesa stessa dai colpevoli, sacerdoti «indegni» del loro ministero. Le stesse vittime che oggi rischiano di essere nuovamente straziate da cinici e scaltri azzeccagarbugli, che provano a rendere più grasso il piatto dei rimborsi da chiedere in sede civile (perché di questo, alla fine, si tratta). Una follia: tanto più che, con tutta evidenza, mai bersaglio poteva essere più sbagliato. Perché il “denunciato”, Papa Benedetto, è lo stesso che, ancora cardinale, col suo predecessore Giovanni Paolo II segnò l’inizio dell’era “tolleranza zero” riguardo a questo crimine odioso. E se oggi quella ecclesiastica è l’unica giurisdizione nella quale il reato di pedofilia non va mai in prescrizione, e neppure l’eventuale “copertura” dei colpevoli, è proprio in base alle norme varate allora, e poi ulteriormente inasprite dallo stesso Ratzinger, una volta divenuto Papa.Di che si parla, allora? Delle capziosità giuridiche che tentano di far rientrare dalla finestra un principio di responsabilità stiracchiato quasi all’infinito, già – ovviamente – rifiutato dalle giurisprudenze di mezzo mondo? O dell’infinita tristezza, della meschinità, di chi, non esitando a tirare fango sulla figura stessa del Papa per uno scoperto tornaconto, torna a violentare le stesse vittime di ieri colpendo proprio chi, con tanta incrollabile passione, se n’è fatto difensore?
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