Asia Bibi, gli altri e noi in un duro tempo che ci chiama a resistente speranza
sabato 2 febbraio 2019

Caro direttore,
anche se con qualche giorno di ritardo, e pur con un residuo di timore, le scrivo per condividere la gioia e lo stupore per la definitiva assoluzione e la piena liberazione di Asia Bibi. Gioia perché questa donna è una vittima innocente di leggi ingiuste, di testimonianze false, della paura che per troppi anni ha paralizzato il sistema giudiziario di un intero Paese. Stupore, perché dopo l’assurdo ricorso contro la Corte Suprema imposto dai suoi falsi https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/direttore-risponde-asia-bibiaccusatori, a molti sembrava che si fosse in una situazione senza uscita... e invece esistono sempre persone coraggiose, come il neo eletto presidente della Corte Suprema, che sanno assumersi i rischi di decisioni giuste anche se pericolose. Timore perché Asia non sarà veramente sicura e libera finché non avrà lasciato il suo Pakistan. Ma, su tutto, prevale la gioia per vedere risolversi una situazione così complessa, dolorosa, ingiusta che in tanti momenti mi era sembrata irrisolvibile. E questo mi rincuora, se penso alle tante situazioni assurde e confuse che vediamo in Italia e nel mondo: il nostro “primo tutore” dell’ordine e della legalità che pretenderebbe di agire al di sopra della legge che deve far rispettare, i membri del nostro governo che sembrano agire come solisti alla ricerca del proprio successo personale e del consenso alle prossime elezioni, più che del risultato per il Paese. Che dire poi di chi, Oltreoceano, ha intrapreso e combattuto per 17 anni una guerra «contro il terrorismo, per portare la democrazia, la pace» e oggi in Afghanistan scendono a patti con il “nemico” che avevano promesso di debellare nel nome della moderazione? È la stessa potenza il cui capo si ostina a bloccare il funzionamento della propria nazione pur di ottenere un risultato privo di reale utilità, un “muro” più grande verso i latinos, buono solo come specchio per le allodole? Non continuo solo per non annoiare... Ma in mezzo a questi non-sensi, si apre una speranza: Dio aprirà una via dove sembra non ci sia. Come è avvenuto per Asia, che avrebbe potuto ottenere immediata scarcerazione e perdono abiurando la propria fede cristiana, ma ha preferito attendere che si aprisse la via che Dio ha tracciato per liberarla: in ogni situazione personale o collettiva, per quanto intricata e angosciante sia, Dio aprirà una via. Questo ci ha insegnato la nostra sorella Asia, una donna povera, di umili origini, che non ha smesso per 9 interminabili anni di isolamento carcerario, di credere che una via Dio gliela avrebbe aperta, dove umanamente sembrava non esserci speranza. Buona speranza a ognuno!
Marco Montanari

Sì, buona speranza. Faccio mio il suo augurio, caro signor Montanari. E seguo il filo del suo ragionamento e del suo sguardo che unisce, in modo profondo e in nome di Dio, fatti e sofferenze che altri in questo nostro tempo usano solo per motivare nuove campagne di sospetto e di rifiuto reciproco. La definitiva archiviazione delle ingiuste e letali accuse di blasfemia contro Asia Bibi, semplice e forte donna cattolica pakistana, dimostrano ancora una volta una verità altrettanto semplice e solida: i giusti hanno fede e morale, e sanno dare anima alla legge, anche se credono in modo diverso dal nostro.
Mi sembrano le sue parole un buon modo per salutare la nuova stagione nella vita di Asia e, la tempo stesso, una maniera coinvolgente e bella  per accompagnare, da oggi a martedì 5 febbraio, papa Francesco nel pellegrinaggio che lo porterà ad Abu Dhabi, nella penisola arabica. È il primo viaggio di un successore di Pietro in una porzione della terra considerata sacra alla fede islamica e nella quale vivono, a seguito di continue immigrazione per motivi di lavoro, tanti cristiani assieme a fedeli di altre religioni.
Sì, caro amico, buona speranza. Perché questa speranza è necessaria per custodire e diffondere la consapevolezza che siamo tutti convocati da Dio, per diversi percorsi, nel cantiere di bene – cioè di pace, di libertà e di giustizia – che la sua Parola ci indica e ci garantisce. Per tutti i cristiani, cattolici oso dire per primi, vale più che mai l’antica regola benedettina, che tanta luce aiutò a preservare e a propagare in tempi di oscurità crescente: ora et labora. Credi e prega, senza smettere di fare la parte che ti spetta perché nulla di ciò che è buono vada dimenticato e perduto e tutto porti frutto. Detto questo, lei ha ragione a mettere in
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/direttore-risponde-asia-bibi, come anche noi da queste colonne cerchiamo di fare, contro le predicazioni insensate. Si qualifica da solo chi si proclama cristiano e usa i simboli della nostra fede, ma non ha la fattiva, operosa umiltà di affidarsi a Dio e di leggere con altrettanta intelligente umiltà il suo disegno come «di padre più ancora di madre» (papa Giovanni Paolo I). E si giudica da solo chi arriva a pretendere di usare Dio per giustificare ambizioni, mancanza di carità, rifiuto dell’idea stessa di fraternità, violenza, assassinio e intolleranza verso gli altri. I fondamentalisti sono tutti uguali: senza cuore, senza cervello, senza buona fede. Sì, auguriamoci la speranza che ci aiuta a pronunciare il nome di Dio, perché la speranza è Gesù stesso (papa Francesco). E resistiamo in essa, resistiamo in Lui, con povera e umana fedeltà.

 

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