venerdì 9 gennaio 2009
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«Per costruire la pace, occorre ridare speranza ai poveri» , a «tante persone e famiglie colpite dal­le difficoltà » causate dalla « crisi fi­nanziaria ed economica» mondiale, urge, tra l’altro, «adottare una strate­gia efficace per combattere la fame e facilitare lo sviluppo agricolo», men­tre è doveroso « investire soprattutto nei giovani, educandoli a un ideale di vera fraternità» . Nel suo denso, con­creto discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Be­nedetto XVI esprime ancora una vol­ta, diremmo con un accoramento speciale, la sua preoccupazione per lo stato del mondo, accompagnata però da una radicale fiducia nella ca­pacità dell’uomo di superare, « attra­verso l’attuazione di un’etica basata sulla dignità innata della persona », o­gni avversità economica, e non sol­tanto economica. Come aveva già fatto nel messaggio per la Giornata mondiale della pace ( significativamente intitolato «Com­battere la povertà, costruire la pace»), egli riconosce che il mondo è chia­mato a un compito particolarmente «impegnativo» , ma sottolinea che questa « non è un’utopia! ». Non è uto­pia, cioè, l’avvento della pace là dove « conflitti nazionali o regionali o... at­tentati terroristici... hanno seminato la morte e la distruzione » , al punto che « nonostante tanti sforzi, la pace così desiderata è ancora lontana » . U­na pace che è difficile costruire anche perché « la spesa militare sottrae e­normi risorse umane e materiali ai progetti di sviluppo, specialmente dei popoli più poveri » . Tuttavia, esorta il Papa, anche «di fronte a ciò non dob­biamo scoraggiarci o diminuire l’im­pegno a favore di una cultura di pace, ma raddoppiare i nostri sforzi per pro­muovere la sicurezza e lo sviluppo». Benedetto XVI accenna a diversi Pae­si colpiti da guerre, ma si sofferma sul conflitto fra israeliani e palestinesi, ai quali ricorda che «l’opzione militare non è una soluzione e che la violen­za, da qualunque parte essa proven­ga e qualsiasi forma assuma, va con­dannata fermamente». Quindi, dopo aver auspicato che « la tregua nella Striscia di Gaza sia rimessa in vigore, ciò che è indispensabile per ridare condizioni di vita accettabili alla po­polazione » , considera « molto impor­tante che, in occasione delle scaden­ze elettorali... nella regione nei pros­simi mesi, emergano dirigenti capaci di far avanzare con determinazione il processo ( di pace), e di guidare i loro popoli verso la difficile ma indispen­sabile riconciliazione» . «Difficile, ma indispensabile» , quasi un ritornello che il Papa intona infa­ticabile, rivolgendosi a coloro che « vogliono vivere il Vangelo con coe­renza... lottando contro la povertà materiale e morale » , quella povertà morale, ricorda poi con forza, nella quale «affondano le loro radici» le «di­scriminazioni e i gravissimi attacchi di cui sono state vittime, lo scorso an­no, migliaia di cristiani». Benedetto XVI evoca l’Africa, dove si recherà in una visita «tanto desiderata» , ma la sua visione subito si allarga all’Ame­rica latina e all’Asia, nonché a quel­l’Occidente dove vorrebbe che «non si coltivassero pregiudizi o ostilità con­tro i cristiani», e ricorda che in ogni ca­so «la Chiesa... non domanda privile­gi, ma l’applicazione del principio della libertà religiosa in tutta la sua e­stensione» . Dopo aver additato ai di­plomatici «l’umile bambino deposto nella mangiatoia», il Papa si sofferma sui piccoli, specialmente su quelli «non ancora nati» , che sono « gli es­seri umani più poveri » , e si volge alle giovani generazioni, fiore delicato e insidiato « oggi più di ieri» , quando, parola di Papa, «il nostro futuro è in gioco, così come il destino stesso del pianeta» .
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