domenica 28 novembre 2010
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Gli appelli di Benedetto XVI per la libertà religiosa e la giornata di preghiera proclamata dalla Cei per i cristiani che soffrono persecuzioni sono stati e sono momenti preziosi per riflettere e comprendere cosa sta avvenendo in tante parti del mondo. Troppo spesso in alcuni Stati si verificano uccisioni di cristiani, si attuano emarginazioni di intere comunità, per poter parlare di episodi isolati, pur ricorrenti. La nostra epoca sperimenta un divario drammatico tra zone e aree geopolitiche nelle quali la libertà religiosa è un dato acquisito per la generalità dei cittadini, per Chiese o confessioni, e aree dove non esiste neanche la minima tolleranza umanitaria. Molti cristiani rischiano continuamente la propria vita, e spesso subiscono il martirio, altri sono costretti a emigrare per evitare la stessa sorte, altri ancora devono nascondersi, o rischiano il carcere per leggi ingiuste (come quelle sulla blasfemia) finalizzate a colpire e intimidire le minoranze. Esistono Stati nei quali la legge proibisce perfino di costruire una chiesa cristiana, ed altri nei quali il regime totalitario può far scomparire persone senza che se ne sappia nulla. In alcune nazioni, infine, non è possibile predicare il Vangelo perché è vietata ogni forma di «proselitismo».Una situazione del genere è comunque dolorosa e inaccettabile, ma lo è ancor più oggi quando i rapporti tra uomini e tra popoli si moltiplicano e si intrecciano in modo irreversibile. Non era questo il sogno che ha ispirato la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, e le carte internazionali dei diritti umani, concepite per dare libertà e giustizia a tutti i credenti. E non può essere questa la prospettiva in un mondo nel quale ciascuno Stato reclama eguaglianza di condizioni per i rapporti economici, politici, culturali, ma alcuni negano poi al proprio interno le garanzie più elementari per le minoranze religiose e culturali. Esiste così un drammatico problema di reciprocità, che però non si risolve in senso negativo, attenuando le garanzie per i diritti dei cittadini di altri Stati che non assicurino parità di trattamento. Sarebbe un rimedio peggiore del male, perché violerebbe la legge naturale che vuole una libertà effettiva per la fede. Però, si può e si deve chiedere pressantemente agli altri Stati di realizzare un sistema di garanzie reali per la libertà di tute le fedi, che tuteli concretamente cittadini e le comunità religiose da violenze e discriminazioni. Un importante passo è stato annunciato dal ministro degli Esteri italiano con la presentazione di una risoluzione dell’Onu per garantire «l’assoluta inviolabilità del diritto a professare la propria religione e l’assoluta inviolabilità del diritto a esprimere il proprio credo, non solamente in privato ma anche con gesti pubblici», nonché l’impegno della comunità internazionale a intervenire la dove vi sono delle discriminazioni.È un passo importante, che però deve segnare una svolta più incisiva e determinata, con altre scelte e linee di indirizzo. In primo luogo, si può porre la questione della libertà religiosa a livello internazionale, sollevandola nei rapporti bilaterali, e nelle sedi multilaterali nelle quali si discutono i più importanti problemi politici ed economici. Esistono strumenti politici, giuridici, commerciali, per spingere e convincere gli Stati ad assicurare al proprio interno una libertà religiosa che è fondamento della convivenza civile, e condizione indispensabile per quel dialogo interreligioso che fa crescere la stabilità e la solidarietà tra i popoli. Ed esiste la possibilità che l’Onu, o altre organizzazioni internazionali, intervengano e controllino, anche sul territorio, il rispetto dei diritti delle persone. Le parole che il Papa ha rivolto in questi giorni ai responsabili politici e alla comunità internazionale fanno crescere la consapevolezza che occorre attivarsi e agire per tutelare i credenti in diverse parti del mondo, ma si può constatare che la timidezza dell’Europa e dell’Occidente è consistente.Occorre nei nostri Paesi un supplemento di iniziative e di proposte, per favorire interventi tempestivi nelle situazioni di maggior pericolo, che diano coraggio a quanti soffrono per la propria fede. Ed è un impegno che la comunità cristiana può assolvere per soccorrere e dare speranza a quanti si rischiano di sentirsi abbandonati o in balia di chi vuole combattere la fede con ogni mezzo.
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