Parole e fatti. Mentre esponenti della maggioranza, e anche del governo di destra/centro, continuano a tuonare contro il rischio sostituzione etnica dei migranti, contro l’invasione, contro i “clandestini”, contro le Ong che favorirebbero i trafficanti, nei fatti il governo si comporta in modo diametralmente opposto. Realpolitik? Vera convinzione o la cruda realtà su cui fare i conti senza speculazioni e strumentalizzazioni? I numeri ci aiutano.
Dall’inizio dell’anno sono state soccorse e poi sbarcate 70mila persone, molto più del doppio delle 30mila dello stesso periodo del 2022. Tanti, troppi anche per gli instancabili uomini della Guardia costiera, ormai in mare h24, per tutti i giorni della settimana per soccorrere e salvare migliaia di persone, soprattutto provenienti dalla Tunisia, dalla Cirenaica e dalla Turchia. Così si chiede e si coordina l’intervento delle imbarcazioni delle Ong. Non più un solo soccorso e poi dritti al porto indicato dalle autorità italiane, come previsti dal cosiddetto “decreto Cutro”, ma 4 (Geo Barents), 5 (Humanity1) e addirittura 6 (Open Arms) soccorsi, coordinati e addirittura richiesti dalle nostre istituzioni, dal Centro di ricerca e soccorso di Roma. Anche Open Arms, che nell’agosto 2019 venne invece tenuta bloccata per giorni, impedendo lo sbarco, vicenda per la quale il ministro Salvini è sotto processo davanti al Tribunale di Palermo per sequestro di persona. Oggi, invece, l’Ong spagnola è addirittura chiamata. L’importante è soccorrere e salvare, evitare tragedie e stragi, come quelle di Cutro e Pylos dove le Ong non c’erano. Certo resta l’assurdità dell’assegnazione di porti lontani per gli sbarchi delle Ong. Ma si torna ad applicare le leggi del mare che salvano tutti e sempre, non quelle dei muri che respingono e uccidono. Nessuno lo ha detto esplicitamente, nessuno forse lo ammetterà mai, ma i fatti parlano da soli. Così come parlano le 18 barche soccorse sulla rotta turca, quella della terribile strage di Cutro, centinaia di persone fatte sbarcare in sicurezza sulle coste calabresi.
Fatti. Come il nuovo decreto flussi, con numeri mai visti, che riconosce la necessità dei lavoratori immigrati. Lo richiede il nostro sistema economico, i nostri imprenditori. «Da parte di qualcuno c’è la speranza di sostituire gli italiani che non vogliono fare certi lavori con una immigrazione da sfruttare» aveva detto pochi giorni fa il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ospite di Fenix, la festa dei giovani di Fdi. Il decreto flussi dice invece l’esatto contrario. Concretamente. Perché c’è davvero bisogno degli immigrati, e non solo per i lavori più umili e non specializzati. Altro che immigrati che rubano il lavoro agli italiani, altro che sostituzione etnica. I lavoratori africani e asiatici servono all’Italia come il pane. Colpisce poi che quote importanti di ingressi siano riservate a Marocco, Tunisia e Costa d’Avorio. Proprio dalla Costa d’Avorio quest’anno sta arrivando la quantità maggiore di migranti, ben 8mila sul totale di 70mila. Arrivano dalla Tunisia, assieme a migliaia di subsahariani e 5mila tunisini. Non è un caso che la premier Meloni e vari ministri siano stati più volte a Tunisi per cercare un accordo che freni questo flusso. E il ministro dell’Interno, Piantedosi è volato anche in Costa d’Avorio per gli stessi motivi. Promesse di aiuti in cambio di muri. O in cambio di rimpatri perché ritenuti “Paesi sicuri”.
Ora il decreto flussi sgretola quei muri, li scavalca. Una buona notizia, come quella della ritrovata collaborazione con le Ong. Soprattutto se non sarà solo frutto di emergenze, ma l’inizio di un modo civile e efficace di trattare il tema epocale delle migrazioni. Con al centro più i diritti che la difesa dei confini.