sabato 25 febbraio 2023
Appuntamento a Firenze il prossimo 3 marzo, prima tappa
Con la riforma si rischia di introdurre un regionalismo corporativo
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Caro direttore, il Consiglio dei ministri, il 2 febbraio scorso, ha dunque approvato un disegno di legge quadro sull’autonomia differenziata ispirato da un’interpretazione estremista dell’articolo 116, terzo comma della Costituzione. “Avvenire” tiene aperto un dibattito costante, sottolineando problemi, proponendo e accogliendo voci e valutazioni diverse.

A nostro avviso la proposta è contraddittoria con i princìpi fondamentali della nostra Carta, scolpiti nell’art. 2, nell’art. 3 e nell’art. 5, nel quale le autonomie locali sono riconosciute e promosse nel quadro della « Repubblica una e indivisibile ». Le conseguenze della trasformazione in legge del ddl Calderoli sarebbero la fine sostanziale dell’unità nazionale, l’aggravamento delle disuguaglianze sociali e territoriali, anche in conseguenza dell’ulteriore indebolimento dell’istituto del Contratto collettivo nazionale di lavoro e del ricorso compensativo al welfare aziendale. Siamo di fronte, infatti, allo stravolgimento del principio costituzionale di autonomia cooperativa e solidaristica in nome di un distorto regionalismo competitivo e corporativo. L’attribuzione alle Regioni delle funzioni necessarie a garantire diritti fondamentali come istruzione, cultura, mobilità, risorse idriche ed energetiche, oltre a salute già ampiamente gestita, ha portata costituzionale.

Tuttavia, il Parlamento viene esautorato poiché le scelte decisive sono riservate all’esclusiva competenza degli esecutivi. L’insistenza sulla definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) e sul fondo perequativo tra territori come garanzia di miglioramento dello status quo è fuorviante perché, data la clausola di invarianza finanziaria, i livelli essenziali non potranno che riguardare un insieme ristretto di funzioni ed essere minimali, mentre il fondo non potrà che diventare una foglia di fico per un’integrazione soltanto simbolica di risorse alle Regioni meno dinamiche. Insomma, milioni di cittadini, già oggi di serie B, retrocederebbero in serie C, D ed oltre. Pertanto, il ddl Calderoli va ritirato.

Prima di andare avanti con l’attuazione del Titolo V si deve fare un serio bilancio sociale, economico ed amministrativo del ventennio alle nostre spalle. In particolare, va compiuto un esame degli ultimi tre anni segnati dal Covid prima e dalla guerra in Ucraina poi e, in ogni caso, vanno esclusi i pilastri della cittadinanza sociale, come istruzione e sanità dall’autonomia differenziata. Per una discussione di merito, abbiamo chiesto un confronto ad autorevoli costituzionalisti, economisti, dirigenti di organizzazioni di rappresentanza sociale, sindaci e parlamentari. L’appuntamento è per venerdì 3 marzo alle ore 16.00 a Palazzo Medici Riccardi, via Camillo Cavour 3, Firenze. È la prima tappa per fermare l’eutanasia della Nazione e per poi rilanciare l’idea sana e feconda di autonomia territoriale contenuta nella Costituzione.

Vannino Chiti, Vasco Errani, Rita Lorenzetti, Claudio Martini, Enrico Rossi, Rosy Bindi, Susanna Camusso, Nerina Dirindin, Stefano Fassina, Gad Lerner, Isaia Sales, Simone Siliani

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