domenica 17 aprile 2011
COMMENTA E CONDIVIDI
La scena è stupenda e dolorosa. Due corpi che si abbracciano, si avvin­ghiano, per non lasciarsi più. Lei, Chia­ra, la mamma, è una donna ancora gio­vane. Lui, Emmanuele, ha sedici anni appena: l’età dei primi appuntamenti, del primo amore. È sfinito, stravolto, stanco. Lotta da anni con la leucemia. Alla fine il corpo a corpo lo ha strema­to. Sembrava che avesse vinto la batta­glia, come un fiume carsico invece, la iena è ritornata.Ha combattuto con la grinta di un leo­ne, insieme ai genitori e ai fratellini. Og­gi la sua voce è un rantolo, e gli occhi già non vedono. Arde per la febbre che gli brucia nelle carni. Si lamenta, strin­gendo tra le mani la corona del Rosa­rio; sul comodino il Bambinello gli tie­ne compagnia. Sotto il guanciale l’im­maginetta del Crocifisso con la pre­ghiera tante volte ripetuta: «Gesù cro­cifisso, sempre ti porto con me. A tutto ti preferisco. Quando cado, Tu mi risol­levi. Quando piango, Tu mi consoli. Quando soffro, Tu mi guarisci…». Ieri l’abbiamo pregata insieme, oggi non riesce nemmeno a sussurrarla. La cro­ce si è fatta più pesante e il sentiero è ripido e tortuoso. Emmanuele tenta di salire; arranca, si trascina, ma barcolla e cade. Come Gesù.Come Maria, la sua mamma gli sta ac­canto. Se lo stringe al petto. Col suo cor­po lo ripara dalla morte che sente aggi­rarsi per la casa. Sta in agguato come u­na leonessa. L’aspetta per invocar pietà, per offrirsi al posto del ragazzo. Lo ba­cia mille volte. Come un’ape appollaia­ta sulla rosa, vuole succhiarne il netta­re. Non piange: Emmanuele capirebbe. Domani, forse… Oggi deve rassicurare il figlio: «Sta’ sereno, Manu… Non ti preoccupare, non è niente... Mamma tua sta qui, vicino a te. Passerà anche questa volta, vero? Come il mese scor­so in ospedale… Ricordi? Il dottore sta per arrivare. Guarda Emmanuele, guar­da chi è venuto a farti visita…». Non sempre la bugia è peccato. A volte na­sconde un amore senza limiti.Le guance si accarezzano, si sfiorano. Quelle scavate della mamma e quelle paffute, gonfie del cucciolotto suo. È di­venuta una cosa sola con il figlio, que­sta donna coraggiosa e fragile. Come quando lo portava in grembo. Vive dei suoi respiri. Prega. Non inveisce mai. Ritorna la domanda antica: «Dio dove sei?». Bisogna resistere alla tentazione di dare risposte improvvisate. Niente deve andar perduto di questo tesoro ac­quistato a caro prezzo. Il Signore è lì che soffre insieme a loro. Discreto, attento, silenzioso, non li ha mai lasciati soli.Il dolore gli uomini non lo sconfigge­ranno mai. Hanno invece il dovere di alleviarlo. O di assumerlo. Come Gesù che prende su di sé i peccati e le pene di tutti gli uomini di tutti i tempi. Come Chiara che ha fuso la sua vita con quel­la del figliolo. Dobbiamo farci cirenei per caricarci sulle spalle una croce che non è nostra; per risollevare chi non può rialzarsi; per accogliere chi, dopo tre notti passate su un barcone malandato, teme di essere ricacciato in mare.Occorre ridare fiato alla pietà: fiamma capace di riaccendere gli stoppini fu­miganti di tante vite spente. Occorre farla circolare per le brutte e malfama­te periferie del mondo e per le città o­pulente e contraddittorie; piantarla nei campi che fioriranno a primavera.Quanta solidarietà attorno al piccolo Emmanuele; quante lacrime, quanta fede. Quanto amore, quanta preghiera. Emmanuele è un maestro e il suo gia­ciglio una cattedra eloquente. Accanto a lui non c’è posto per l’ipocrisia; la menzogna tace e l’odio mostra il suo volto sciocco e inopportuno.A questa scuola s’impara a vivere e a morire. Pasqua è alle porte. Cristo ci chiama a risorgere con lui. Emmanue­le sta per accogliere l’invito. La sua mamma soffre le doglie del parto per aiutarlo a rinascere alla vita. Alla vita vera che non muore più.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: