Cosa ci sta dicendo un libro sulla Bibbia primo in classifica
mercoledì 15 gennaio 2025

Della Bibbia – il “libro più presente e meno letto” nelle case degli italiani – sappiamo che è alle fondamenta della nostra fede eppure lo trattiamo con sufficienza, quasi fosse un elemento di arredo caro quanto pressoché invisibile. Tanto da accontentarci di una mezza paginetta di lettura domenicale a Messa – per chi ci va –, un estratto che lascia infrequentato l’originale. Questa fruizione porzionata della Scrittura tuttavia non sembra scalfirne la preziosità nella memoria della gente, assai più legata di quel che può sembrare al mondo che la Bibbia ci riporta in vita e rende ancora nostro contemporaneo nella sua sempre sorprendente attualità. Un immaginario religioso presente nella vita di molti italiani benché quasi del tutto ignorato dal discorso pubblico, tra media e cultura. Invece c’è, e chiede nutrimento.

Si va per indizi, beninteso: ma quello che ci offre la classifica dei libri più venduti in Italia nel 2024, in vetta alla quale campeggia Il Dio dei nostri padri. Il grande romanzo della Bibbia, ha qualcosa da dirci. Non sarà l’opera rigorosa di un biblista o di un teologo, d’accordo: ma Aldo Cazzullo che ne è l’autore vi ha speso la sua indubbia arte giornalistica offrendo una versione narrata della Bibbia che ha il non piccolo merito di scarcerarla dall’impolverato scaffale domestico, lasciando che l’eccezionale ricchezza di personaggi e di storie torni a parlarci con tutta la sua capacità di emozionare, coinvolgere, interpellare.

Nella sbalorditiva notizia di un libro sul Dio biblico che primeggia nelle vendite c’è però anche molto di più. Ed è forse il riemergere di quel “riconoscersi credenti” con il quale la ricerca del Censis su «Italiani, fede e Chiesa», del novembre 2024, ha spiazzato quanti pensavano che il “non possiamo non dirci cristiani” fosse ormai consegnato alla storia. Compra e legge una «biografia di Dio» – com’è stato definito il libro di Cazzullo – chi sente di trovare nelle sue pagine un linguaggio e un mondo verso il quale sperimenta interesse e attrazione, forse nostalgia, non certo indifferenza o estraneità. Un modo per tornare a dare del tu a un universo che aveva perso di vista. E se lo dona ad altri è perché nel destinatario del libro vede questa stessa “parentela” percepita con nomi, luoghi e vicende che stanno dentro la nostra biografia culturale. Non si tratta di appartenenza religiosa o ecclesiale: per molti che la sperimentano (il 15,3% di “cattolici praticanti”) la Bibbia in quanto tale è ancora un libro che non ha bisogno di mediazioni narrative, e semmai si affidano a navigatori esperti. Il fenomeno editoriale del «Dio dei nostri padri» attinge con ogni probabilità a quella che il Censis ha definito «zona grigia», il 71,1% degli italiani che si sentono a proprio agio nella definizione di “cattolico” anche se poi tutto sembra fermarsi lì. È la vastissima area «in cui Dio non è morto – si legge nella ricerca –, non è irraggiungibile, anzi, è vicino, vivo nelle cose piccole, nelle richieste di aiuto e soprattutto nelle emozioni».

Forse chi è più “praticante” pensa che questo vago “sentirsi cattolici” sia poca cosa, che non basti a dare un senso vero a una vita, che sia persino troppo comodo cavarsela con una autodefinizione religiosa tanto blanda. E tuttavia dentro questa maggioranza religiosamente silenziosa «c’è ancora devozione e rispetto per alcuni simboli della fede, sentimenti religiosi non superficiali, voglia di comunità, di identità e di una morale non prescrittiva ma che almeno indichi un’uscita dall’autodeterminazione». Chissà che anche solo un libro di successo basti ad accendere una luce capace di portare lontano.
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