Assolto il contadino "reo" di fraternità (e un po' la Francia assolve se stessa)
venerdì 2 aprile 2021

Caro direttore,

abbiamo bisogno di solidarietà, di umanità. La Corte di Cassazione francese ha assolto definitivamente Cédric Herrou, agricoltore che vive nel sud-est del Paese, al confine con l’Italia. L’uomo ha aiutato tanti e tanti migranti a Ventimiglia, alla frontiera con l’Italia. Cédric Herrou è stato assolto definitivamente dopo quasi 5 processi in 5 anni. Evidentemente, l’anelito di fraternità non è una colpa, né un “delitto”. Non è stato un “misfatto” (come avrebbe voluto qualcuno) dare assistenza agli esiliati sans-papier. Questo concetto dirimente dovrebbe valere a ogni latitudine. Prendersi cura di chi fugge da guerre e miseria non è mai un “crimine”, ma solo un alto e significativo gesto di misericordia, di benevolenza, di civiltà. Con profonda stima per il vostro lavoro.

Marcello Buttazzo, Lequile (Le)


Non c’è che dire, monsieur Herrou è un uomo coraggioso e dalle idee chiare e ha avuto legali lucidi e tenaci come lui. È un uomo che sa essere e restare umano e che vive – per scelta – la sua umanità sul confine morale tra solidarietà e indifferenza e su quello, trasversale al primo, che passa per la Val Roja, dal 1947 “in comproprietà” tra Italia e Francia. Cédric Herrou ha salvato molte persone che rischiavano di morire sulle gelide vie della migrazione irregolare e “clandestinizzata” tra i due Paesi fratelli. Ha sempre detto di sé: «Non sono un “disobbediente”, ma un cittadino che prende sul serio il valore della fraternità, inciso nella Costituzione francese e nelle leggi del mio Paese». La sua definitiva assoluzione da parte della Corte di Cassazione – preannunciata, ma non garantita, quasi tre anni fa, nell’estate del 2018, da una sentenza della Corte costituzionale d’Oltralpe – assolve un (bel) po’ anche la Francia da una gravissima auto- accusa e dal compito di giustificarsi per aver tentato di abrogare un pezzo della propria storia, picconando le fondamenta della République e istituendo di fatto un reato di solidarietà, a partire dall’idea che la fraternità verso alcune determinate persone sarebbe un eccesso e, dunque, un crimine.

La questione ci riguarda tutti. È attuale anche per l’Italia e per altre importanti democrazie (non solo) europee che, con passo diverso ma comunque pesante, rischiano di finire sulla via senza giustizia e senza speranza del disprezzo per l’altro e della guerra alla solidarietà a causa di odiose propagande xenofobe e di un’incredibile e spesso deliberata incapacità di legalizzare e umanizzare i percorsi di accoglienza di donne e uomini e bambini in fuga e migrazione a causa di guerre, persecuzioni e miseria. Ora, invece, possiamo dire che “c’è un giudice a Parigi”. Ma aspettiamo ancora di capire se a Parigi, come a Roma e in ogni dove, ci sono politici all’altezza della civiltà della fraternità e, dunque, degli uguali diritti-doveri di ogni uomo e di ogni donna. È una civiltà che abbiamo progettato e solo in parte, e contraddittoriamente, costruito. E che, sin nelle sue radici, è anche civiltà cristiana e religiosa. Ma purtroppo resta sotto attacco.

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