giovedì 22 maggio 2014
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La buona notizia del Decreto legge in materia di tutela del patrimonio culturale era una di quelle che il Belpaese si augurava da anni di leggere mentre, giorno dopo giorno, le sue pietre, i suoi affreschi, le grandi e piccole raccolte d’arte, gli stessi musei civici e diocesani, sono messi alla corda sia dalla crisi economica, sia soprattutto dalla mancanza di un segno di chiarezza da parte di chi avrebbe dovuto far capire - non tanto o non solo ai grandi imprenditori, ma ai cittadini tutti - che l’opera di mecenatismo privato in fatto di beni culturali è gradita, necessaria e scevra da sospetti di essere un modo per gabbare l’erario devolvendo, per ragioni più o meno pubblicitarie, somme che poi verranno scaricate dai bilanci delle aziende, quindi sottraendo al fisco risorse. Ogni euro restituito a chi investe in questa tutela, invece, è un euro speso bene (a patto che vi siano, come il governo dice, i puntuali e capillari controlli sul reale impiego ai fini della tutela). Oggi il governo Renzi ha preso una decisione che nel suo piccolo potremmo definire storica perché, al di là del credito d’imposta che viene riconosciuto a chi spende per la tutela del patrimonio, serve a far capire a tutti (non soltanto agli ultraricchi che potranno contribuire a salvare il Colosseo o Pompei dal degrado), che si tratta di opera meritoria. Ma soprattutto che i beni culturali pubblici non sono un patrimonio dello Stato, bensì un valore che appartiene a ciascuno di noi, e dunque è opportuno, legittimo e doveroso che là dove lo Stato non arriva intervenga il privato. Che tutti, insomma, devono sentirsi più responsabili della nostra ricchezza artistica e culturale. Se Pompei frana non è l’occasione per fare polemica politica più o meno interessata, ma per chiedersi se si è fatto tutto quello che si poteva per scongiurare quei crolli. Oggi questa possibilità di essere protagonisti nella tutela del patrimonio artistico e culturale è offerta a tutti consentendo vantaggi fiscali a imprese o, addirittura, persone fisiche che vogliono dimostrare coi fatti che tengono alla bellezza e ai tesori di questo Paese. Investire sul Colosseo, sulla Reggia di Caserta o su Pompei, fa naturalmente più notizia che impiegare somme minori per la tutela del patrimonio “ordinario” dei tanti piccoli Comuni, dei musei periferici, dei quadri o delle sculture degli artisti che, senza essere geni come Michelangelo o Caravaggio, hanno però lasciato il loro segno nella storia dell’arte del loro territorio. Questa è la vera scommessa: che ciascuno di noi, anche solo con un euro, adotti il patrimonio artistico e culturale dei luoghi dove vive o che gli sono cari.Nel Decreto si parla anche di crowdfunding, soluzione che negli ultimi anni sta diffondendosi, sia pure ancora timidamente, ma che è il modo forse più diretto per sentirsi “proprietari” di quei beni culturali. C’è il patrimonio solido, per così dire, quello degli edifici, dei quadri, degli oggetti d’arte d’ogni genere. E c’è un patrimonio, più aereo, fatto di quelle realtà che operano per diffondere la cultura e favorire la formazione e la crescita degli individui. Anche in questa direzione dovrà, col tempo, intervenire il governo, perché la cultura, di cui tanto si parla, è quella che viene meno incentivata economicamente, mentre oggi, anche più di ieri, è la base per un Paese di essere e restare competitivo nell’orizzonte della globalizzazione.
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