mercoledì 4 marzo 2015
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Caro direttore,
sono passati 20 anni dalla liberalizzazione dei giochi d’azzardo. Due decenni in cui il fatturato è sempre aumentato e le slot machine hanno invaso ogni angolo del Paese. A perderci sono stati i milioni di italiani contagiati e rovinati dal gioco patologico, ma anche lo Stato. Che non ha visto crescere le entrate erariali, nonostante il boom del settore. Solo negli ultimi due anni si sono finalmente avuti i segni di una (timida) inversione di tendenza. Sul territorio sono fiorite leggi regionali e regolamenti comunali, in Parlamento i deputati e senatori più sensibili al tema si sono riuniti in un intergruppo di 100 componenti per contrastare l’azione delle lobby dell’azzardo.
Grazie ai provvedimenti locali e nazionali approvati durante gli ultimi due governi (Letta e Renzi), per la prima volta da decenni si è avuta una diminuzione della spesa totale nel gioco d’azzardo mentre sono aumentati gli introiti erariali, come accertato dalla relazione di settembre 2014 dei Monopoli. Per questo l’imminente emanazione dei decreti attuativi della delega fiscale era da molti attesa come il suggello definitivo dell’inversione di rotta in corso. La legge delega è infatti stata il frutto di un lavoro di squadra, che ha coinvolto associazioni, cittadini, amministratori locali e ha puntato con chiarezza su alcuni elementi fondanti: tutela dei minori, divieti di pubblicità, legge nazionale quadro per dare sostegno ai regolamenti comunali, riconoscimento dei movimenti e delle iniziative no-slot. Tutti temi inseriti nella delega durante l’iter parlamentare che ha connotato il testo con una forte impostazione no-slot rispetto a quello iniziale.
Sembra quindi incredibile quanto fanno intendere le anticipazioni, lette su "Avvenire" così come su altri media, secondo cui i decreti delegati disattenderebbero queste aspettative, smorzando nettamente l’impianto no-slot della delega, al punto da far dubitare più d’uno della legittimità costituzionale di un decreto legislativo che si discostasse tanto dai paletti della delega e dalle intenzioni con cui il Parlamento l’ha approvata. Non sappiamo se tali anticipazioni siano reali, ma ormai mancano pochi giorni al Consiglio dei ministri che dovrà approvare i testi e non si può più attendere.Per questo lancio un appello a tutti coloro che per primi hanno sollevato il problema sul territorio. In questi anni ho girato l’Italia incontrando sindaci che hanno coraggiosamente approvato regolamenti comunali, sfidando apertamente le impugnazioni al Tar da parte di multinazionali assistite da squadroni di avvocati. Ho conosciuto responsabili di centri anti-usura (cito, per tutti, il rettore del Santuario della Guardia di Genova, monsignor Granara) che danno fondo a tutte le loro disponibilità per aiutare i malati di GAP che arrivano a minacciare di togliersi la vita. Ho visto l’impegno di centinaia di uomini e donne che hanno sacrificato tempo e ferie per organizzare gli SlotMob. Ho apprezzato la dignità di tanti esercenti di bar che stanno rischiando la chiusura per aver rimandato indietro le slot machine pur di non vedere più i propri avventori rovinarsi di fronte a quelle "macchinette". A tutti loro, a tutti i parlamentari dell’Intergruppo, faccio appello perché la nostra voce possa arrivare più forte di quella delle lobby a chi dovrà decidere cosa scrivere nei decreti attuativi: se decadranno leggi regionali e regolamenti comunali, se verrà creata una tassa di scopo per "condizionare" i Comuni in ristrettezze economiche, se sarà annacquato il divieto di pubblicità fino a renderlo quasi inutile, non solo sarà vanificato ogni sforzo per contenere il fenomeno, ma si lascerà aumentare l’offerta di gioco d’azzardo "sotto casa" in maniera irreversibile. Non sarebbe una svolta, ma un’inversione a "U", il tradimento delle conquiste fin qui difficilmente ottenute.
Non crediamo nel proibizionismo perché sappiamo favorirebbe la criminalità. Ma non facciamo finta di non vedere tutti i casi, riportati anche dalle relazioni della Commissione antimafia, del controllo della criminalità organizzata sul cosiddetto gioco legale. Chiediamo soltanto che si arrivi a trattare il gioco d’azzardo esattamente come il fumo: un male tollerato, ma un male. Che va scoraggiato con severi paletti: divieto totale di pubblicità, forte tassazione e un’azione chiara per limitarne la fruizione. La politica ha il dovere di ascoltare tutte le parti ma non può essere sempre mediazione di interessi contrapposti. Ci sono scelte di fronte alle quali bisogna stare dalla parte del bene comune. Chiediamo al Governo di fare con coerenza questa scelta.
 
Lorenzo Basso - Deputato del Pd e coordinatore dell’Intergruppo parlamentare sul contrasto all’azzardo
 
Rilancio con convinzione il suo appello, caro Basso. Un appello davvero onorevole, perché fa onore a lei deputato della Repubblica e rende onore a tutti coloro che – nelle due Camere, al Governo e nella società – si stanno adoperando per il varo di una normativa decente in tema di azzardo. Evento che, nonostante la più netta comprensione del disastro provocato dal dilagare di Azzardopoli, non è ancora così scontato. Potere (che non finiamo mai di scoprire...) delle lobby e di pezzi dell’amministrazione pubblica a essi collegati. Potere delle calcolatrici sballate di coloro che non riescono a tener conto dei giganteschi danni provocati dal gioco d’azzardo e dal gioco d’azzardo compulsivo... Lei sintetizza così il da farsi: divieto totale di pubblicità, forte tassazione e un’azione chiara per limitare la fruizione dell’azzardo in tutte le sue forme. Sottoscrivo. Da tempo su “Avvenire” racchiudiamo questo triplice impegno nell’immagine degli «argini» da ricostruire. Beh, sarebbe sbalorditivo se, mentre la piena continua, tra i primi atti dell’auspicata ricostruzione ci fosse l’abbattimento delle sacrosante protezioni di emergenza che Comuni e Regioni hanno cominciato a realizzare. Grazie per la chiarezza della sua e vostra battaglia, caro onorevole. Buon lavoro.
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