Amnistia e indulto: una riforma opportuna
martedì 3 novembre 2020

Senza eccessi, con equilibrio. In quattro parole un concentrato di buoni propositi oppure un programma di lavoro, dipende dalla serietà e dalle reali intenzioni di chi le pronuncia. In questo tempo tornato ansiogeno, quel programma può valere per molte attività umane. Vale anche per un tema solo apparentemente 'fuori contesto', come l’appello a favore di una riforma costituzionale in materia di amnistia e indulto lanciato venerdì dalla 'Società della ragione' insieme a molte altre sigle dell’universo carcerario e giudiziario. Non si tratta, ora, di sollecitare un provvedimento di clemenza.

Lo hanno ben spiegato i promotori dell’appello e i parlamentari aderenti, primi firmatari della conseguente proposta di legge costituzionale. Si tratta, invece, di cambiare il meccanismo di approvazione delle leggi di amnistia e di indulto: non servirebbe più la maggioranza dei due terzi dei membri di ciascuna Camera, ma la maggioranza assoluta. In questo modo il Parlamento avrebbe di nuovo la possibilità di deliberare un provvedimento collettivo di clemenza, possibilità di fatto negata per quasi 30 anni da un quorum troppo elevato. Ma, appunto, senza eccessi e con equilibrio. In primo luogo perché amnistia e indulto sarebbero vincolate, con norma scritta, a «situazioni straordinarie» e «ragioni eccezionali».

E poi perché la maggioranza richiesta resterebbe comunque qualificata: non è facile raccogliere il 50 per cento più uno dei consensi, non dei presenti al momento del voto, ma degli eletti in ciascun ramo del Parlamento. Non solo: con una tale soglia, la maggioranza politica del momento si assumerebbe per intero la responsabilità della decisione. Fin qui le considerazioni sul metodo. Veniamo ora al merito: è il momento per una proposta del genere? Crediamo di sì. Sarebbe innanzi tutto un segnale significativo di attenzione verso un mondo, quello 'di dentro', di cui spesso si parla solo per approssimazione e che sta vivendo l’emergenza sanitaria in maniera ancora più difficile del resto del Paese. In secondo luogo, servono strumenti concretamente utilizzabili (ovviamente in maniera selettiva, senza mettere a repentaglio la sicurezza nazionale) di fronte a quelle «situazioni straordinarie» e «ragioni eccezionali » di cui sopra.

Che certo non sono mancate negli ultimi 28 anni, considerando quante volte il sovraffollamento e le condizioni di vita all’interno degli istituti si sono manifestate come autentiche pene accessorie non previste da nessuna sentenza e non stabilite da alcuna norma. Di una riforma del genere ci sarebbe stato bisogno... ieri. Per questo è da considerare non rinviabile alla prossima legislatura. Per modificare la Costituzione (in questo caso gli articoli 72 e 79) si deve tuttavia procedere con due approvazioni per ciascuna Camera (con un intervallo di almeno tre mesi) e, se si vuole evitare il referendum confermativo, con la maggioranza dei due terzi dei parlamentari nella seconda votazione. Ostacolo insormontabile? Sì, se si pensa alle posizioni che su certi argomenti hanno gran parte del centrodestra e del Movimento 5 stelle.

No, invece, se si riuscisse finalmente a sottrarre il carcere e i suoi problemi allo schema della contrapposizione ideologica. Va smentita, insomma, la narrazione per anni diffusa da tanti 'addetti ai lavori' (alcuni ormai in pensione o passati ad altre professioni, altri tuttora in servizio) secondo cui in Italia in galera non ci va nessuno e poi, in fondo, ci si sta pure bene perché si ha perfino la tv a spese dello Stato. Al contrario: ci vanno in tanti, molti da innocenti e moltissimi prima ancora di una sentenza definitiva. Ci vanno anche quelli che dovrebbero scontare la pena in altro modo, per avere l’opportunità di cambiare il corso della propria vita. Pochi escono recuperati alla società come la Costituzione prevede: più carcere non significa più sicurezza, ma a conti fatti l’opposto. Perciò, fino al giorno in cui non avremo un’applicazione sistematica delle misure alternative ai colpevoli di reati di scarso allarme sociale, è necessario rendere davvero possibile (soltanto possibile, almeno possibile) il ricorso alla clemenza collettiva.

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