venerdì 11 novembre 2016
I rischi ecologici nel programma del tycoon
Una centrale nucleare (Reuters)

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Un presidente statunitense responsabile, lungimirante, coraggioso: non è il ritratto di Donald J. Trump, il nuovo leader americano, ma è ciò che serve al pianeta per consentire una vita sostenibile alle prossime generazioni. E non è una speranza per il futuro, ma una necessità del presente: per la nostra economia globale è prioritaria l’esigenza di una «conversione ecologica (…) è diventato urgente e impellente lo sviluppo di politiche affinché nei prossimi anni l’emissione di anidride carbonica e di altri gas altamente inquinanti si riduca drasticamente», per usare le parole di papa Francesco nell’enciclica Laudato si’.

Al momento, colui che siederà alla Casa Bianca come 45° presidente degli Stati Uniti, sembra muoversi verso obiettivi diversi da quelli auspicabili, almeno stando alle intenzioni elettorali. Trump ha proposto un mondo nero come il petrolio, destabilizzante come il fracking, pericoloso come la crescita degli armamenti militari. Oggi è importante capire se ha ragione Michael Mann, lo scienziato americano il cui lavoro è alla base del documentario 'Una scomoda verità' sul surriscaldamento globale, vincitore del Premio Oscar nel 2007: «L’elezione di Trump è una minaccia per il pianeta».

Oppure se le intenzioni elettorali sono solo slogan e non avranno un seguito concreto. Perché comunque Donald J. Trump, sull’ambiente, non si è espresso per metafore ma con parole forti e chiare. Ad esempio, in campagna elettorale ha dichiarato che il surriscaldamento globale causato dall’uomo è niente di più di «uno scherzo». E che taglierà i fondi federali sui piani contro il cambiamento climatico per risparmiare «100 miliardi di dollari nei prossimi otto anni». Perché? Il nuovo presidente ha scritto in un tweet del 2012 che «il concetto di surriscaldamento globale è stato creato dai cinesi per rendere il settore manifatturiero nordamericano non competitivo». Una frase che poi ha smentito in uno dei dibattiti con la Clinton, ma che si trova ancora su Twitter.

Non solo: Trump ha promesso che, una volta eletto, cancellerà gli accordi Cop21 di Parigi (anche se ieri questa 'promessa' è stata cancellata dal sito della sua campagna), un faticosissimo compromesso tra gli Stati siglato a dicembre scorso che, se ratificato, dovrebbe impedire la crescita di 1,5° della temperatura globale. Erano vent’anni che si perseguiva questo – comunque timido – accordo: possono bastare meno di quattro per seppellirlo. Trump si oppone infatti a quasi tutte le regolamentazioni ambientali che sono (nelle sue parole) «sostenute da attivisti politici con agende radicali ed estreme» perché potenzialmente dannose per l’economia. Sempre a questo sembra ridursi la politica oggi, i posti di lavoro: e chi non ne ha bisogno? Ma ha ragione il segretario generale della Confederazione sindacale internazionale (gente che al tema del lavoro ci tiene) Sharan Burrow che alla Cop21 ha dichiarato: «Non ci sono posti di lavoro su un Pianeta morto». Com’è noto, alla base del surriscaldamento globale c’è l’approvvigionamento energetico da risorse fossili.

Sul fracking, tecnica di estrazione di petrolio e gas che libera molto metano nell’aria (una delle sostanze più impattanti per i gas serra), Trump non ha dubbi: «Aumenteremo questo tipo di estrazioni». Sul petrolio? «Ne abbiamo in abbondanza in Texas, potremmo diventare leader mondiali nell’estrazione: è lì per noi e dobbiamo solo prenderlo e usarlo». Sulle energie rinnovabili: «Gli impianti eolici sono mostruosità. E ci vogliono 32 anni per ripagare gli investimenti nei pannelli solari». Sull’energia nucleare: «Ne abbiamo bisogno: tanta e subito». V ale la pena ribadire che l’estrazione del petrolio è una delle prime cause dei gas serra; gli investimenti in energie rinnovabili hanno tempi di pay-back degli investimenti – mediamente – inferiori ai dieci anni; ci vogliono circa vent’anni per costruire centrali nucleari che ancora ad oggi non hanno un impatto ambientale 'zero'. Infine, l’esercito statunitense: secondo 'Forbes', Trump intende incrementare le spese militari da 500 miliardi a mille miliardi di dollari durante il suo mandato (potenziando l’esercito americano con oltre 90.000 soldati, 350 portaerei, 100 aerei fighters e rafforzando le difese missilistiche e nucleari). Ed è importante ricordare che il solo esercito americano e il suo gigantesco indotto industriale sono una delle prime cause di inquinamento al mondo. Per tutte queste intenzioni elettorali, sarà bene vigilare sull’operato di questo nuovo presidente americano: a farne le spese, non sarebbero solo degli elettori delusi ma l’intera umanità. Ma anche non fare nulla – senza peggiorare la situazione – sarebbe comunque troppo poco per arginare il surriscaldamento globale.

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