A Manduria (e non solo) serve una Scuola Genitori
sabato 4 maggio 2019

Dopo la morte di Antonio Stano, il pensionato 66enne di Manduria vittima delle ripetute aggressioni della 'comitiva degli orfanelli', sono scattate accuse pesanti per il gruppo di ragazzini tra i 16 e i 17 anni, più due maggiorenni: tortura, sequestro di persona, danneggiamento e violazione di domicilio (resta da stabilire se la morte dell’uomo sia stata direttamente causata dalle percosse dei ragazzi). Reati gravissimi. A inchiodarli: i video, i commenti e le risate diffuse in rete.

Ora i ragazzini piangono e i genitori si dicono sconvolti. Nel frattempo, però, il giudice ha negato gli arresti domiciliari perché le famiglie (così recita la motivazione ufficiale) «hanno dato prova di incapacità a controllare ed educare». Sono fatti che colpiscono e fanno riflettere ma, prima di tutto, è da considerarsi positiva l’attenzione che si è creata sul caso: questi ragazzi hanno bisogno di qualcuno che insegni loro a vivere. Non possiamo condannarli e basta, occorre lavorare sull’apprendimento, educarli a diventare cittadini perché – come dimostrano i fatti – questo insegnamento purtroppo non lo hanno ricevuto dai genitori. Ecco quindi il punto cruciale, un problema serio dei nostri tempi: tanti genitori di oggi sono fragili.

Cioè accudiscono, ma non educano, abbandonano i figli sui social, li lasciano per ore con i videogiochi, così alla fine i bambini crescono e non rischiano tanto di frequentare le 'cattive compagnie' quanto di precipitare in un mondo virtuale violentissimo, perdendo via via il confine tra finzione e realtà. La soluzione? Non certo puntare al controllo (più telecamere, più polizia, più punizioni) ma presidiare l’educazione dei ragazzi.

Occorre insomma che le famiglie tornino a concentrarsi sull’organizzazione educativa, sulle regole e, soprattutto, che in adolescenza le madri non espandano l’accudimento materno, per lasciare più spazio alla necessaria regolazione paterna. Non tutti i casi sono uguali, e non tutte le madri sono identiche, ma se l’adolescente è gestito dalla mamma, in un maternage infinito, come dimostrano questi ragazzini scoppiati in lacrime davanti alle forze dell’ordine, rischia di rimanere un bambino, di non crescere. I ragazzi e le ragazze hanno bisogno di un argine solido che li sappia contenere permettendo loro anche di prendere il largo dal nido infantile. Episodi di violenza sui deboli come questo – è vero – accadevano anche una volta, e infatti sono retaggio di un mondo arcaico che, per fortuna, sta scomparendo.

Resiste in alcune aree del Paese e, naturalmente, non è un bel biglietto da visita per nessuna città. Il mio invito è che sindaco, dirigenti scolastici e insegnanti di Manduria organizzino veri momenti di riflessione collettiva. Per sintetizzare dico che ci vorrebbe una 'Scuola Genitori' (e probabilmente non solo in quel preciso lembo d’Italia). Non per colpevolizzare madri e padri ma, al contrario, per aiutarli a correggere il tiro, e tornare a fare scelte educative per responsabilizzare i figli. Occorre dare ai nostri ragazzi gli strumenti per saper stare nei conflitti e nelle contrarietà, rispettare gli altri, convivere e riuscire ad ascoltare senza giudicare. Altrimenti, mi chiedo: che figli stiamo tirando su?

È una riflessione seria da fare tutti insieme – istituzioni, insegnanti e genitori – perché, naturalmente, le istituzioni (e la scuola) non sono corpi estranei: contengono al loro interno gli stessi vizi, le stesse difficoltà delle famiglie. Una 'Scuola Genitori', insomma, sarebbe l’occasione per capire sul serio quello che è successo e per tornare a lavorare su una cittadinanza cooperativa e solidale. Dove per farmi rispettare non ho bisogno di schiacciare gli altri.

Pedagogista

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