venerdì 13 settembre 2019
Il bilancio fallimentare della politica di «apertura» verso gli stupefacenti: aumentato il consumo di sostanze più pesanti e favorite le mafie. Ora il dietrofront
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Uno degli equivoci più diffusi sui Paesi Bassi riguarda la legge inerente le droghe leggere derivate dalla canapa. Per fare chiarezza occorre risalire al lontano 1912 quando a Den Haag si tenne la prima conferenza internazionale sul commercio dell’oppio. Nel 1919 fu varata la legge che ne proibiva l’uso, cui fu dato il nome di Opiumwet. Ma solo il 12 maggio 1928 fu apportato un importante adeguamento al testo (seguendo il trattato internazionale di Ginevra del 1925) che proibiva l’uso di tutte le sostanze stupefacenti. Nel 1976 arrivò la suddivisione in due categorie, chiamate 'Lista 1' e 'Lista 2', rispettivamente relative alle droghe pesanti e a quelle leggere, con un articolo a parte sugli stupefacenti per uso sanitario – regolarmente registrati e controllati dal Ministero della salute – fra cui la morfina, il più abbondante e principale alcaloide contenuto nell’oppio.

La premessa storica è fondamentale per comprendere le origini e la base della legge olandese, che nel corso degli anni è stata più volte aggiornata ma mai cambiata o abolita, quindi sempre confermando il principio dell’illegalità di possesso, produzione, vendita ed esportazione di ogni sorta di sostanze stupefacenti. E allora, cos’ha generato la diffusa e radicata convinzione che in Olanda la droga leggera sia ampiamente permessa? La possibilità di acquistare e utilizzare 5 grammi al giorno di canapa per uso personale all’interno dei coffee- shop senza essere perseguiti dalla legge (ma in passato la dose era maggiore). Una concessione che in Olanda prende il nome di 'gedoogbeleid' traducibile come 'politica della tolleranza', riferita proprio alla facoltà per la giustizia, in determinati casi e osservando regole precise, di non punire un’azione che per principio resta comunque illegale (qualcosa di analogo accade per la legge sull’eutanasia). Ecco perché non si può parlare di liberalizzazione totale ma di spazi di 'indulgenza' all’interno di un esperimento (partito nel 1996) per controllare l’attività dei coffeeshop e dare loro rigorose direttive, da rispettare pena la chiusura immediata del locale. Dal 2008 si possono tenere sino a 5 piante di marijuana in casa o in giardino.

I risultati di questa scelta? I coffee-shop hanno portato a un aumento dell’uso delle droghe leggere fra i giovani – nel 1992 era del 7%, nel 1996 dell’11%, mentre quello dei funghi allucinogeni era salito sino all’1,5% – ma anche a una sensibile riduzione di quelle pesanti, come l’eroina. Già nel 1991 i morti per overdose di questa sostanza in Olanda erano stati 42, quasi la metà del Belgio (82), in proporzione agli abitanti meno che Danimarca (188), Francia (411), Germania (2.125), Italia (1.382), Inghilterra (307), Spagna (479), Stati Uniti (5.830). In questo modo si sperava che non perseguendo attivamente la consumazione giornaliera di 5 grammi di derivati dalla canapa, in luoghi dove potevano entrare solo ragazzi di età superiore ai 18 anni, con frequenti ispezioni sulla proibizione di vendere alcool e droghe pesanti, si sarebbe almeno limitato il contatto con queste ultime.

Così è stato, come abbiamo detto, ma solo per alcuni anni: in quanto gli ultimi dati hanno rilevato che a partire dal 2015 in Europa i Paesi Bassi sono passati al primo posto per l’uso del composto chimico Mdma (presente nell’ecstasy), che il 6,6% (in una fascia compresa fra i 14 e i 34 anni) ha dichiarato di aver assunto. Il 3,1% ha ammesso di essere ricorso alle anfetamine e alcuni suoi analoghi sintetici, rispetto a una media europea dell’1,8%. Per l’uso di cocaina l’Olanda si trova al secondo posto, dopo la Gran Bretagna (3,6%). Anche per quanto riguarda i decessi, nel 2015 sono stati 197, i dieci anni precedenti 100 (la media europea di morti per droga pesante è comunque di 20 su un milione di abitanti, in Olanda di 16 su un milione). Mentre per l’uso della cannabis, sempre riferendosi a un gruppo fra i 14 e i 34 anni, attualmente è al sesto posto (sia pur con il 16,1%). In poche parole, la droga leggera non è più in... vetta alla classifica ma quella pesante sì. Trovare una spiegazio- ne è difficile per gli stessi olandesi; la più reale è che alcune droghe, come appunto, l’Mdma, vengono prodotte nel loro Paese, pertanto sono più economiche e portano a una maggior rivendita oltre che a un guadagno maggiore. Su di esse è ulteriormente aumentata la criminalità che ne ha monopo-lizzato il consumo creando un sistema robusto e professionale di diffusione interna e commercializzazione internazionale.

È quindi evidente che la politica di chiudere un occhio sugli spinelli per uso personale non è servita a contenere l’uso di allucinogeni nella misura in cui si sperava; e neppure a evitare le infiltrazioni mafiose. A questo punto è subentrata un’altra caratteristica tipica della mentalità olandese sulla tolleranza: se non vengono rispettate le regole viene azzerata e si interviene pesantemente, con multe e carcere per i trasgressori. Come è accaduto nel 2010, quando il governo Rutte (arrivato alla sua terza legislatura) ha inserito norme più rigide, soprattutto per fermare l’onda anomala che aveva sommerso i Paesi Bassi: il turismo della droga. La vetusta Opiumwet è stata nuovamente aggiornata: i coffee-shop sono diventati un club riservato solo ai cittadini di nazionalità olandese, con non più di 2.000 membri iscritti, registrati in una lista e dotati di una tessera personale per l’ingresso. Proibito fare pubblicità, vietato vendere canapa contenente più del 15% del principio attivo Thc (all’epoca ancora in fase di studio circa i suoi effetti), pene più severe (sino a 12 anni di carcere) per chi spaccia o viene trovato in possesso di droghe pesanti. Si stabiliva inoltre che i coffee-shop dovessero distare almeno 350 metri dalle scuole. Nel frattempo venivano creati in tutto il Paese nuovi centri per la prevenzione e la cura delle tossicodipendenze, oltre al noto Istituto Jellinek di Amsterdam e a Novadic, sostenuto da volontari che seguono i ragazzi nelle discoteche per aiutarli a stare il più lontano possibile dalle droghe.

Secondo i dati ufficiali del Trimbos Instituut, impegnato in un costante monitoraggio nazionale, nel 2003 la canapa è stata usata saltuariamente da circa il 18% dei giovanissimi fra i 13 e i 14 anni, percentuale rimasta sostanzialmente stabile per un certo tempo. Nel 2015 sono state circa 10.816 le persone dipendenti dalla canapa come prima causa di tossicodipendenza. Nel 2016 ne ha fatto uso il 20,9% della popolazione sopra i 18 anni, soprattutto giovani fra i 20 e i 24 (il 42,4%), e il 39,7% fra i 25 e i 29 anni. Ne fanno più uso gli uomini delle donne (25,2% contro 16,7%) con la percentuale più elevata nelle grandi città (5,5%), 1,9 volte maggiore che nelle province e 2,5 volte più alta che nei paesi e nelle campagne. Se si chiude un occhio per il possesso di 5 grammi al giorno per uso personale, dai 5 ai 30 grammi viene considerata un’infrazione punita con una contravvenzione di 75 euro, con la multa che aumenta in caso di recidiva. Chi detiene più di 30 grammi compie un vero e proprio reato che comporta sino a 2 anni di carcere e/o una multa di 16.750 euro. Coloro che sono scoperti a produrre, vendere o esportare sino a 500 grammi devono scontare fino a 4 anni di carcere e/o pagare una multa di 67.000 euro, cifre che salgono con di 500 grammi a sei anni di prigione e 78.000 euro.

I giovani del Partito democratico D66 hanno recentemente proposto in Parlamento la legalizzazione non solo della droga leggera ma anche dell’ecstasty, nella convinzione che possa servire a fermare la delinquenza che gravita intorno a questo mondo e insistendo sull’argomento che nei Paesi Bassi è l’alcol la principale causa di dipendenza. Immediata l’opposizione del gruppo giovani del partito Cristiani Uniti; il suo presidente, Siewerd de Jong, ha dichiarato che si tratterebbe di una vera follia e di un ulteriore danno per la salute dei ragazzi, che spesso associano all’alcol proprio le sostanze stupefacenti (il 20% cocaina, il 50% droghe leggere): «È un’utopia pensare che legalizzarle contrasti la criminalità organizzata, come si è visto con la politica del 'margine di tolleranza', che alla fine ha portato anche alla chiusura di numerosi coffee-shop». Infatti nel 1997 erano 1.200, nel 2007 circa 700 sparsi in 106 comuni. Oggi ne sono rimasti 513. Inoltre l’ecstasy può provocare e aumentare crisi psicotiche in persone particolarmente predisposte. «In Olanda esiste la libertà, un grande valore da mantenere – ha detto De Jong –. Ma libertà significa anche senso di responsabilità, personale e civile. La droga è dannosa; dobbiamo combatterla, tutti insieme. Non certo legittimarla».

Sulla stessa linea un recente rapporto del-l’Istituto di ricerca sulla criminalità e la sicurezza sociale, da cui si evince che legalizzarla porterebbe a un commercio incontrollabile, a più disagi e a problemi di ordine pubblico a causa dell’uso non più limitato ai coffee-shop: oltre che a un aumento di furti e rapine per acquistarne maggiori quantità. «Meglio puntare su condanne ancora più pesanti». In conclusione le droghe pesanti sono ritornate; non quelle di un tempo, come l’eroina ma altre. Non si assiste allo spaccio per strada così smaccato come in Italia (e in altre nazioni) ma la legge è fallita in quanto la criminalità non si ferma con l’indulgenza bensì abbattendo tutto ciò su cui può attecchire, crescere e rinforzarsi.

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