L’escalation di parole e il «patto segreto» tra Xi e Trump
sabato 29 aprile 2017

Tra l’ennesimo lancio di missile fallito, l’ennesima minaccia di guerra aperta e la settimanale riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu che condanna, la crisi nucleare nordcoreana si sta avvitando su se stessa. Ma è una sorta di “vite di Archimede” che continua a portare verso l’alto la tensione. In una escalation verbale che ha raggiunto un livello tale che oltre non può che tramutarsi in scontro. Questa volta sì militare, terrificante e assoluto.

Donald Trump, nel fiume di retorica che lo ha contraddistinto in questi tre mesi abbondanti di permanenza al 1.600 di Pennsylvania Avenue, ha pero tracciato un filo rosso. Tra i vari proclami sulle «opzioni che restano sul tavolo» e sulla fine di ogni “pazienza” ha infatti fissato nel prossimo esperimento nucleare del regime di Pyongyang quella tristemente nota linea rossa che viene tracciata in ogni crisi. Se per la settima volta Kin Jong-un premerà il bottone per azionare un ordigno nucleare sperimentale, allora sì che le conseguenze saranno forse irreparabili. L’“Invincibile Armada” che ha schierato in mare può veramente scatenare la terza guerra mondiale. Intorno al 38mo parallelo, per la verità, per farlo basterebbe un cerino.

Lo sa Trump (ma soprattutto i suoi consiglieri) e lo sa il regime comunista del trentatreenne rampollo di famiglia con Dna dittatoriale. Non per questo il nord non sospende le “provocazioni”. Anzi ad ogni evocazione o manifestazione di forza, soprattutto statunitense, risponde con la retorica dell’Apocalisse o con il lancio (spesso fallimentare) di qualche prototipo di missile. Lo stesso forse portato in parata due settimane fa e che per la comunità internazionale degli esperti militari altri non sono che involucri di metallo incapaci di sollevarsi da terra su una rampa di lancio. Simulacro moderno dei finti carri armati schierati sulle coste britanniche simulando l’invasione della Francia da parte di inglesi e alleati o quelli più nostrani di mussoliniana memoria per i cinegiornali Luce.

In tutto questo molti, vedono però l’approssimarsi della fine dell’era di Kim. Non a caso l’attacco (simbolico) alla Siria con i 59 Tomahawk è avvenuto proprio mentre a Mar-a-Lago in Florida era ospite il presidente cinese Xi Jinping. Come hanno raccontato i testimoni, Trump gli ha annunciato il lancio dei missili mentre centellinavano una fetta di torta dopo il pranzo. Una dimostrazione di forza davanti al Paese che più spaventa Washington ma che più di ogni altro in quello scenario è "strategico". Così, sembra, che tra una fetta di torta e un caffè si sia deciso anche il futuro della Penisola coreana che per Pechino resta “irrinunciabile”. Ovvero: la Cina non potrebbe mai permettere una presenza costante, oltre a quella già esistente nel sud, di un vicino scomodo come gli Stati Uniti. Come potrebbe avvenire nel caso di unificazione tra il Sud filoccidentale e il nord “comunista”. Per questo si fa largo l'ipotesi di un compromesso e di un piano. Una sorta di “guinzaglio lungo” tenuto da Pechino nei confronti dello scomodo alleato di Pyongyang: un tentativo per lasciarlo andare “ad impiccarsi”. Un patto segreto tra Xi e Trump i cui effetti si potranno cogliere solo tra qualche tempo. Un accordo siglato, probabilmente, con la contropartita di una minore aggressività statunitense nella difesa dell'alleato storico, Taiwan, e più libertà di azione per Pechino nella disputa territoriale con vari attori regionali sulle isole del Mar Cinese meridionale.

Ossia: la pressione esterna, qualche scaramuccia militare (e qui il rischio diventa enorme visti i potenziali e gli arsenali esistenti) potrebbero favore qualche “movimento” all’interno del regime per una “normalizzazione”. Con i vertici militari continuamente “epurati” e l’entourage del dittatore sempre meno controllato da Pechino, l’ipotesi a molti sperò sembra comunque remota. Ma fa pur sempre parte di quella “fantapolitica” che da mesi, se non da anni, accompagna e avvolge il destino delle due Coree. La logica invece porterebbe a credere a questo “patto” e in questa direzione andrebbero lette le parole di Trump che ha parlato di «mancanza di rispetto» da parte di Pyongyang nei confronti di Pechino a pochi minuti dal fallito lancio.

Anche se nessuno sa che piega potrebbe assumere da qui in poi la crisi, tutti sanno però che il “cerino” potrebbe essere acceso in qualsiasi momento. Le conseguenze sono altrettanto note. A tutti.

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