Il rischio non calcolato
giovedì 20 dicembre 2018

Che cosa contribuisce a una reale sicurezza sul lavoro? Il rispetto delle norme, certo. La responsabilità verso i dipendenti, i colleghi e sé stessi, più ancora. Ma al di sopra di tutto a rendere concreta e vissuta la sicurezza del lavoro sono la conoscenza e la coscienza. Conoscenza dei rischi e delle procedure per abbatterli; coscienza dei propri comportamenti e delle conseguenze che ne possono derivare per la vita propria e altrui. Basterebbe questo per comprendere come sia rischiosa e tutt’altro che felice la scelta del Governo e della maggioranza di finanziare il taglio dei premi Inail a carico delle imprese con la riduzione dei fondi che permettono la formazione antinfortunistica e per la sicurezza del lavoro, appunto.

Con un emendamento alla Manovra 2019 presentato in Senato dai relatori della legge di bilancio, infatti, si stabilisce una revisione delle tariffe Inail che vale circa 1,5 miliardi di euro nel triennio (410 milioni nel 2019, 525 nel 2020, 600 nel 2021).

In pratica un maxi-sconto, pari al 30% rivendica il Governo, dei contributi che le imprese versano per l’assicurazione contro infortuni e malattie professionali. Un taglio le cui coperture arriverebbero in parte da una revisione delle prestazioni e in parte da una sforbiciata alle 'risorse strutturali' dell’Inail per salute e sicurezza del lavoro.

Riguardo alle prestazioni, è difficile dare un giudizio immediato, perché ne verranno modificati soprattutto i meccanismi di erogazione e i relativi parametri, con l’Inail che dovrà tener conto di ogni altra indennità percepita dal lavoratore infortunato, scalandone il valore dall’ammontare complessivo. Ciò che appare certo, invece, è l’impatto sui fondi per la formazione: meno 100 milioni di euro nel 2019, 110 nel 2020 e altri 100 milioni nel 2021. Tutti soldi con cui si finanziano «i progetti di investimento e formazione in salute e sicurezza sul lavoro», pregiudicando così lo sviluppo di una maggiore conoscenza e coscienza dei rischi connessi alle diverse attività lavorative, incrementando indirettamente le probabilità di incidente.

Sia chiaro, non tutta la formazione antinfortunistica è di per sé efficace, essendo attuata a volte in maniera meramente burocratica, solo come un adempimento obbligatorio a cui ottemperare o perché svolta in maniera troppo generica rispetto alle assai differenziate situazioni produttive e lavorative. Si può sostenere, però, che lo sforzo in prevenzione non sia mai sufficiente e che l’investimento è invece sempre pagante, oltre che sul piano morale per il rispetto della dignità della persona, anche su quello più meramente economico per i costi sociali che le morti e gli infortuni sul lavoro comportano. Un fenomeno ancora di drammatica intensità, se si considera che nei primi 10 mesi di quest’anno si sono registrate 945 morti sul lavoro, 81 in più rispetto all’analogo periodo del 2017 (+9,4%), e negli stessi mesi gli infortuni denunciati sono stati 534.605 (+0,2%), qualcosa come 1.800 ogni giorno.

Dal punto di vista delle aziende va riconosciuto certamente come il 'peso' dei premi Inail sia tutt’altro che trascurabile, in particolare per quelle più piccole. E dunque è comprensibile l’ansia della maggioranza di dare alle imprese stesse un segnale di riduzione dei costi, dopo aver dovuto rimettere nel cassetto la flat tax (a eccezione di quella per gli autonomi). Tuttavia, la modalità con cui sembra si voglia attuare la riduzione – senza premiare le aziende più virtuose, ma operando un semplice taglio lineare indifferenziato ai premi – aggiunge ulteriori elementi di perplessità sull’operazione. Che ha sempre più, come pure la cancellazione delle agevolazioni Ires per gli enti non commerciali, il sapore di un pericoloso gioco sulla pelle dei più deboli – i lavoratori e il settore sociale – pur di mantenere le improbabili promesse elettorali su Reddito di cittadinanza e pensione a quota 100. Due obiettivi sui quali, nel Governo e nella maggioranza gialloverdi, manca del tutto la coscienza del rischio per i conti pubblici. E per l’Italia, se andrà a 'sbattere', non ci sarà copertura Inail che possa tenere.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI