giovedì 30 dicembre 2021
Il tredicenne, con un difetto congenito, era ormai in pericolo di vita. L'organizzazione Shevet Achim l'ha portato nello Stato ebraico, i medici dello Schneider Center l'hanno operato con successo
Il tredicenne arrivato dall'Iraq con il suo papà (al centro della foto) e lo staff medico israeliano che lo ha operato: da destra: Dr. George Frankel, Natasha Barnes, Dr. Ofer Schiller, Dr. Einat Birak, Dr.Eran Shostak, Rim Abdel Hai e Michal Zada

Il tredicenne arrivato dall'Iraq con il suo papà (al centro della foto) e lo staff medico israeliano che lo ha operato: da destra: Dr. George Frankel, Natasha Barnes, Dr. Ofer Schiller, Dr. Einat Birak, Dr.Eran Shostak, Rim Abdel Hai e Michal Zada - Schneider Children's Medical Center of Israel - Facebook

COMMENTA E CONDIVIDI

Ha 13 anni e a fine ottobre è arrivato in Israele dall’Iraq con suo padre. Era in pericolo di vita per una grave insufficienza cardiaca. Era stato operato da bambino, in Sudan, per un difetto congenito al cuore, ma negli ultimi anni le sue condizioni erano molto peggiorate. In Iraq per lui non ci sarebbe stato più niente da fare: nessun ospedale era nelle condizioni di intervenire. I volontari dell'organizzazione israeliana Shevet Achim sono andati a prendere il ragazzo e l'hanno portato allo Schneider Children’s Medical Center di Petach Tikvah (nel centro dello Stato ebraico). È stato operato. Ce l’ha fatta. E se c’è un senso in quella frase, “fare squadra”, è tutto qui, in quel gruppo di operatori e specialisti israeliani ben allenati a vincere la partita della vita. Delle vite: quelle di tanti bambini e ragazzi che salvano ogni anno. Da qualunque parte della regione arrivino, a qualunque religione appartengano.

Shevet Achim è un’organizzazione cristiana fondata nel 1994 da un piccolo gruppo di israeliani e stranieri. Ha sede a Jaffa e a Gerusalemme e un solo scopo: aiutare i bambini con disturbi cardiaci congeniti di tutto il Medio Oriente a ricevere cure mediche salvavita negli ospedali israeliani. Si sono occupati di migliaia di casi – cento solo quest’anno –, collaborando con le più importanti strutture ospedaliere dello Stato ebraico – come lo Schneider, appunto, o lo Sheba Medical Center di Tel Aviv, l’Hadassah Hospital di Gerusalemme –, e con tanti medici israeliani pronti a mettere a disposizione tutta la loro competenza. Non fanno distinzione di fede, di etnia, di appartenenza politica; non pensano a conflitti, profitti, a un prima e un dopo di tensioni che non trovano fine; fanno i conti soltanto con la vita o la morte dei bambini che si trovano di fronte. Ricevono notizia di un problema – da Gaza, dalla Giordania, dall’Iraq, dalla Siria –, si attivano , organizzano il viaggio, scelgono la struttura di destinazione, seguono le famiglie durante tutto il percorso di cure, le ospitano per la convalescenza nella loro comuntà.

«Perché lo facciamo? Perché io adesso sto seduto qui, a Giaffa, e so cosa c’è cinquanta chilometri più in là», spiega Jonathan Miles, coordinatore dell’organizzazione. Cinquanta chilometri più in là c’è Gaza, dove Miles – americano che ha scelto Israele – ha vissuto per sei anni come volontario. Più in là ancora ci sono altri Paesi della regione in cui la situazione sanitaria è al collasso. Operare i piccoli sarebbe impossibile. «Sono i nostri vicini, stanno morendo e hanno bisogno di cure. C’è altro da considerare?».

L’organizzazione (una ventina di volontari prima del Corona, a ranghi ridotti della metà adesso, anche se non si sono mai fermati) si muove, ovviamente, dentro le difficoltà di un dialogo politico che spesso non c’è. «Ma salvare vite – sottolinea Miles – è un obiettivo condiviso, qualcosa che mette insieme le persone, permette di attraversare le linee». Il governo israeliano aiuta. E se i malati hanno un passaporto e possono viaggiare per ricevere cure mediche, le cose, in genere, funzionano piuttosto speditamente.

«La storia di questo ragazzo arrivato dall’Iraq ci ha colpiti in modo particolare – racconta Miles –. Era in ospedale, non poteva più camminare. Sembrava ormai senza speranza. I medici, considerata la situazione, il viaggio e tutto il resto, ci hanno detto: fifty-fifty di possibilità. Come sempre abbiamo scelto la parte buona della statistica». Gli operatori di Shevet Achim sono andati a prendere il tredicenne e l’hanno caricato su un aereo. Una corsa contro il tempo, cercando un posto adatto in Israele. «Dodici minuti dopo l’atterraggio, abbiamo trovato un letto in terapia intensiva allo Schneider. A volte bisogna prendersi dei rischi. E l’aiuto di Dio arriva. Sono davvero grato per la vita di questo ragazzo».

Lo Shneider di Petach Tikvah è un ospedale unico nel Paese e in Medio Oriente. Non è solo una struttura di eccellenza che offre tutte le discipline pediatriche per minori da 0 a 18 anni. È anche, per preciso volere dei suoi fondatori, Irving e Helen Schneider, newyorchesi, una struttura peculiarmente dedicata ai bambini di ogni provenienza, religione e nazionalità. Nei suoi 250 posti letto ci sono piccoli dalla Palestina, dalla Giordania, dall’Africa, dall’Asia, dall’Europa orientale. «Quando è arrivato il ragazzo dall’Iraq – spiegano i responsabili della struttura – è stato subito stabilizzato. Poi il dottor George Frankel, direttore dell’unità di chirurgia cardiovascolare, ha ritenuto di poter operare». Un intervento molto delicato, a cuore aperto, che si è rivelato un grande successo. «Il ragazzo si è ripreso presto, e con la gioia di tutto il personale medico è stato dimesso questo mese», hanno potuto annunciare allo Schneider.

L'11 aprile 1988, durante la cerimonia di inaugurazione del cantiere su cui sarebbe sorto l'ospedale, sotto la prima pietra delle fondamenta è stata posta una pergamena. C'è scritto: «Questo ospedale, dedicato al diritto intrinseco di ogni bambino a vivere una vita sana in un mondo pacifico, si ergerà come un ponte per la pace che collega questa nazione ai suoi numerosi vicini».

Lo Schneider Children's Medical Center di Petach Tikvah, nel distretto centrale di Israele

Lo Schneider Children's Medical Center di Petach Tikvah, nel distretto centrale di Israele - Schneider Children's Medical Center of Israel - Website





© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: