Taiwan e quella «strana» dipendenza dalla nafta russa
di Luca Miele
Taipei è il maggiore acquirente al mondo del derivato del petrolio. Una dipendenza che espone l'isola a rischi strategici e diplomatici

Siamo davanti a una “relazione pericolosa”? Di sicuro a un cortocircuito. Potenzialmente esplosivo. Secondo un rapporto dell'istituto di ricerca Centre for Research on Energy and Clean Air con sede a Helsinki, Taiwan ha importato nafta dalla Russia per un valore di 1,3 miliardi di dollari nella prima metà di quest'anno, più che da qualsiasi altro Paese al mondo nonostante abbia aderito alle sanzioni imposte dall'Occidente contro Mosca per la guerra in Ucraina.
Come si legge nel rapporto, da un lato Taipei è riuscita in gran parte a ridurre la dipendenza dal carbone russo, con un calo del 67% nella prima metà del 2025 rispetto al 2024, dall’altro ha aumentato vertiginosamente le importazioni di nafta russa – un derivato dei combustibili fossili – , diventandone il maggiore acquirente al mondo.
Quello che emerge è, dunque, un quadro composito, fatto di luce e (pesanti) ombre, nel quale le “urgenze” economiche si sovrappongono a scenari geopolitici sempre più “fluidi” e instabili. Come specifica ancora il rapporto, “la compagnia elettrica statale Taipower e la Taiwan Cement Corporation (TCC), il maggiore acquirente privato di carbone russo nel 2023, hanno eliminato con successo gli acquisti di carbone russo nella seconda metà del 2024. Analogamente, la statale Chinese Petroleum Corporation (CPC) non ha ricevuto una spedizione di nafta russa da giugno 2024. Le aziende private si sono mosse nella direzione opposta: la Formosa Petrochemical Corporation (FPCC) ha aumentato notevolmente la sua dipendenza dalla nafta russa dal 9% prima dell'invasione su vasta scala al 90% nella prima metà del 2025, rendendo Taiwan il maggiore acquirente mondiale di nafta russa. Dall'inizio dell'invasione russa su vasta scala dell'Ucraina fino alla fine di giugno 2025, la FPCC è stata il maggiore acquirente noto di nafta russa al mondo”.
La dipendenza dai combustibili fossili russi espone Taiwan a significativi rischi. Strategici e diplomatici. Il 6 agosto 2025, il presidente Usa Trump ha firmato un ordine esecutivo che imponeva tariffe secondarie all'India – raddoppiando i dazi esistenti al 50% – come “punizione” per i suoi continui acquisti di petrolio russo, con un ulteriore aggravio del 25% che entrerà in vigore più avanti nello stesso mese. Il presidente Usa ha poi definito "scioccanti" le importazioni di petrolio russo degli alleati della Nato. Non solo: Trump ha più volte manifestato “irritazioni” nei confronti di Taipei alla quale vuole “strappare” il monopolio sulla produzione di chip. Ma non basta. Taiwan è vulnerabile anche sull’altro fronte: quello della Cina, che non ha mai nascosto le sue ambizioni sull’isola ribelle. Come sottolinea la Cnn, in caso di un’escalation diplomatica o militare, Pechino potrebbe esercitare delle pressioni sulla Russia per “interrompere le forniture energetiche” all'isola.
Puma Shen, parlamentare del Partito Democratico Progressista al potere, ha affermato che la dipendenza di Taiwan dall'energia russa "rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale", data l'alleanza strategica tra Russia e Cina.
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