Scienziati, imprenditori e attivisti insieme per curare la febbre mediterranea
A Istanbul, l'Upm ha riunito rappresentanti da tutta la regione per affrontare insieme la triplice crisi del Mare Nostrum. Mastrojeni: "Solo collaborando possiamo farcela"

È uno dei punti più vulnerabili del pianeta. Il Mediterraneo si surriscalda ad una velocità del 20 per cento maggiore rispetto alla media globale. “Con una sfida di tale portata, nessun Paese, nemmeno il più ricco, ha le risorse necessarie per farvi fronte. Solo insieme possiamo riuscirci”, spiega Grammenos Mastrojeni. Partendo da questo principio, l’Unione per il Mediterraneo (UpM), di cui è segretario generale aggiunto, ha convocato a Istanbul 170 funzionari pubblici, rappresentanti del settore privato, persone della società civile e scienziati, per affrontare in modo congiunto la triplice crisi - climatica, energetica e ambientale - che minaccia la regione. La prima “Green mediterranean week” - la “Settimana verde del Mediterraneo” - è stata un momento inedito.
“C’erano esponenti di tutti i differenti settori e di ciascuno delle 43 nazioni che compongono l’Unione - sottolinea Mastrojeni -. E’ stata un importante occasione di raccordo. Se anche solo il 10 per cento delle idee nate nei corridoi prendessero forma, mi riterrei estremamente soddisfatto”. Scambi informali a parte, l’iniziativa ha portato all’istituzione, all’interno dell’Unione, del gruppo di lavoro su gas, riduzione delle emissioni e idrogeno formato da politici, manager, esponenti del settore energetico e finanziario. Nonché al lancio della Med Alliance of Think Tank on Climate Change (Mattcc), alleanza dei think tank mediterranei sul clima coordinati dall’organizzazione marocchia Initiative for climate and development, la Ong turca Sefia e dal centro italiano Ecco.
“Il Mediterraneo sta finalmente emergendo, nello scenario climatico, come area integrata – prosegue Mastrojeni -. Le soluzioni tecniche sono importanti. La sfida ambientale, però, non può essere affrontata solo affidandosi a queste ultime. Occorre la volontà politica di fare rete. La decarbonizzazione del sistema energetico, ad esempio, è impossibile senza la creazione di alternative rinnovabili. E per queste è indispensabile coinvolgere la sponda sud per il solare e i Balcani per l’eolico. Allo stesso tempo, per queste regioni, i mercati interni non sono sufficienti per realizzare le risorse finanziarie necessarie”. La collaborazione porta, dunque, un mutuo vantaggio. A condizione di superare i colli di bottiglia esistenti, a partire dalle differenze di standard legali e tecnici.
La cooperazione mediterranea in ambito climatico, inoltre, può innescare un circolo virtuoso per riequilibrare un’area estremamente asimmetrica. “La costituzione di una grande comunità delle rinnovabili può essere la chiave per promuovere una redistribuzione del reddito che attenui le differenze e ridurre le migrazioni forzate – conclude Mastrojeni -. Troppo spesso si parla della transizione ecologica come un sacrificio necessario. In realtà è una grande opportunità di crescita. E’ importante che i cittadini se ne rendano conto e convincano i propri rappresentanti ad agire di conseguenza".
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