Polveriera Cisgiordania: così i coloni annettono le terre dei palestinesi
di Nello Scavo, inviato a Ramallah
Tra le aree più colpite dai raid quotidiani ci sono i sobborghi di Ramallah. E l'Autorità palestinese non riesce a fermare l'espansione degli avamposti

L’arcaica guerra dei dunum si combatte con le pale e i bastoni, sotto la minaccia delle armi da fuoco. Un dunum: mille metri quadrati. L’occupazione giorno dopo giorno è arrivata a controllarne 3,4 milioni, il 60% della Palestina fuori da Gaza. «È la Bibbia che lo dice», abbiamo sentito urlare più volte ai coloni che bastonano i palestinesi colpevoli di ribellarsi al volere dei testi sacri. «La terra è nostra, è stata data a noi», ripetono in un mantra violento e ossessivo i giovani incitati dalle organizzazioni messianiche. Dopo la terra, gli ulivi. Dopo il bestiame, le case. Dopo le case, le persone.
Fuori Gaza c’è un’altra guerra, non dichiarata ma combattuta ogni giorno e ogni notte per conquistare dunum dopo dunum un nuovo pezzo di Cisgiordania. Martedì sera a Beit Ur al-Fawqa, a ovest di Ramallah, alcuni coloni hanno immobilizzato e rapito quattro residenti palestinesi. Prima hanno tentato di trascinarli nei pressi dell’avamposto costruito su terreni palestinesi a Wadi Suleiman. Fonti locali concordanti con le testimonianze di attivisti stranieri e israeliani hanno confermato che al momento della ribellione degli altri residenti, sono intervenute le forze di occupazione che hanno protetto gli assalitori. Per essersi opposti menando le mani due dei sequestrati, Khaled Munif Samara e Muhammad Ibrahim Samara, sono stati arrestati.
Nei due anni di conflitto nella Striscia la presenza dei coloni israeliani in Cisgiordania ha superato le 800mila persone su poco meno di 3 milioni di palestinesi. E quello che ogni giorno arriva è un bollettino che non lascia sperare in un tempo di tregua duratura, neanche fuori Gaza. Gli attacchi sono quotidiani e hanno una forte valenza simbolica, perché negli ultimi mesi sono stati concentrati sui dintorni di Ramallah, il capoluogo politico della Cisgiordania. Un modo per irridere l’autorità nazionale palestinese, e allo stesso tempo metterla in cattiva luce perché impotente davanti ai soprusi. Non importa che siano distese pietrose e aride, campagne fertili o distese desertiche. È “terra sacra”, promessa e dunque da fare propria. E nessuno tra i conquistatori in fuoristrada e mitraglietta ne percepisce l’illegalità, se dalla loro parte hanno anche ministri coloni, come il responsabile della sicurezza nazionale Ben-Gvir e quello delle Finanze, Smotrich.
Si lotta per poche zolle, alle volte per venti alberi. E si spara, sapendo di non venire processati, come il colono che ad agosto ha sparato e ucciso Aysen Safadi, uno degli attivisti vitati nel film da Oscar “No other land”. I raid sono condotti con metodi tipici del terrorismo. A Kisan, non lontano da Betlemme, una squadra di coloni dapprima ha distrutto un piccolo uliveto, poi sono stati aggrediti alcuni residenti accampati a guardia del fondo agricolo. Le tende sono state date alle fiamme, poi hanno fatto irruzione nella piccola scuola spaventando i bambini e mettendo in fuga le famiglie di cui poi hanno occupato altro terreno. Poco dopo sono arrivate le forze israeliane, a protezione dei coloni che si sono insediati nell’area e lasciando senza terreno i palestinesi.
Quasi a nulla servono le proteste dell’Autorità nazionale palestinese. Che oramai quasi non rende pubbliche le contestazioni ufficiali, perché ciascuna di esse finisce per confermarne la sostanziale ininfluenza. La legge del dunum si scrive da una parte sola, e ha la forza di un editto. Ieri ne è stato emesso un altro. «Le autorità di occupazione israeliane – scrive l’agenzia di stampa palestinese Wafa – hanno emesso due ordini militari per sequestrare circa 25 dunum di terra appartenenti a residenti palestinesi nel governatorato di Qalqilia». È l’area dove sono stati individuati terreni grandi come quattro campi da calcio per costruire nuovi appartamenti necessari per il crescente numero di israeliani che intendono stabilirsi.
L’ultimo episodio due giorni fa: alcuni coloni hanno assediato e si sono impadroniti di un fabbricato e di un podere dove vivevano una donna con un bambino ai primi anni di scuola. Quando una piccola folla di vicini si è ribellata, i militari israeliani, richiamati dalla baruffa, hanno arrestato alcune persone per avere esagerato con l’autodifesa. Quando madre e figlio sono tornati verso casa hanno trovato ad attenderli i nuovi padroni. Vestiti e quaderni, gettati in strada. La donna e il bambino li hanno raccolti e mestamente se ne sono andati verso casa di altri parenti. «Quando sarò grande li manderò via», ha giurato il bambino alla madre in lacrime. Laddove rivalsa e vendette si danno appuntamento perpetuando la guerra che non si vede.
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