martedì 21 giugno 2022
I sacerdoti Javier Campos Morales e Joaquín César Mora Salazar sono stati uccisi nella chiesa di Cerocahui mentre cercavano di proteggere un parrocchiano
I sacerdoti Javier Campos SJ (a sinistra) e Joaquín Mora

I sacerdoti Javier Campos SJ (a sinistra) e Joaquín Mora - Compagnia di Gesù

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Non era la prima volta che li minacciavano. Lunedì sera (la notte in Italia), però, alle parole è seguito il "plomo", come i messicani chiamano le pallottole. I gesuiti Javier Campos Morales e Joaquín César Mora Salazar sono stati assassinati da una raffica di proiettili all'interno della chiesa di Cerocahui, minuscolo villaggio della Sierra Tarahumara, nel nord del Paese.

Una “punizione” per aver cercato di salvare un parrocchiano che era entrato nel tempio per sfuggire all'aggressione di un uomo armato. Quest'ultimo, però, l'ha inseguito dentro il luogo sacro e, data la determinazione dei due sacerdoti a proteggerlo, ha ucciso tutti e tre. I loro corpi sono poi stati portati via dai complici del killer.

«Fatti come questo non sono isolati. La Sierra Tarahumara, come molte altre regioni del Paese, patisce condizioni di violenza e di oblio tuttora immutate. Ogni giorno, donne e uomini sono privati arbitrariamente della vita, come accaduto ai nostri confratelli», si legge nel comunicato diffuso dalla provincia messicana della Compagnia di Gesù che ha chiesto i resti delle vittime e protezione per gli altri gesuiti della parrocchia: Esteban Cornejo, Jesús Reyes e Jesús Zaglul.

La presenza dei gesuiti nella terra fra le montagne della Tarahumara e il suo popolo, i Rarámuri, risale al XVII secolo. L'annuncio del Vangelo ha inciso tanto nella cultura degli indigeni che questi si definiscono semplicemente "pagótuame", "i battezzati".

Negli ultimi due decenni, la Sierra è diventata zona di conquista da parte dei narcos. Per un duplice motivo: è un corridoio strategico per trasportare la droga dall'altro lato. Magari con l'aiuto - più o meno spontaneo - degli stessi Rarámuri, camminatori instancabili. Le gole, profonde e inaccessibili che si estendono per 350mila chilometri quadrati, inoltre, sono perfette per piantare la marijuana. Strappando i territori ai nativi.

Proprio nella Tarhumara, il 16 agosto 2008, è avvenuto il primo massacro della narco-guerra: tredici abitanti uccisi, tra cui un neonato. Da allora, l'escalation è proseguita, inarrestabile. Nell'indifferenza delle autorità. «Condanniamo pubblicamente questa tragedia e esigiamo una immediata indagine e sicurezza della comunità», ha affermato il provinciale, Luis Gerardo Moro Madrid. «Sono scioccato e addolorato dalla notizia - ha commentato il generale, padre Arturo Sosa -. I miei pensieri e le mie preghiere sono rivolti ai gesuiti in Messico e alle famiglie di questi confratelli. Dobbiamo fermare la violenza nel mondo e così tante sofferenze inutili».

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