giovedì 8 settembre 2016
​Si inasprisce la “guerra dello hajj” fra Teheran e Riad alla vigilia del pellegrinaggio annuale. Le due potenze su opposti fronti in Yemen, Siria e Iraq.
L'Iran: via i sauditi dalla gestione della Mecca
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Si inasprisce la “Guerra dello hajj” tra Iran e Arabia Saudita alla vigilia del pellegrinaggio annuale nei luoghi sacri dell’islam – che Teheran ha deciso di boicottare – che inizierà sabato. Ieri la Guida suprema iraniana, l’ayatollah Alì Khamenei, ha duramente attaccato la famiglia reale saudita, che a suo giudizio non merita di gestire i due luoghi santi islamici (La Mecca e Medina) dopo il tragico incidente avvenuto l’anno scorso a Mina – una delle tappe del pellegrinaggio – quando 2.177 pellegrini (ma altre fonti parlano di 2.426) morirono nella calca. Ricevendo le famiglie dei 464 iraniani morti nell’incidente, Khamenei ha dichiarato che «la morte di 78mila pellegrini mostra ancora una volta che questa maledetta dinastia (i Saud, ndr) non merita di gestire i luoghi santi». «Se la famiglia saudita – ha proseguito Khamenei – non fosse coinvolta nella catastrofe, avrebbe autorizzato il lavoro di una commissione d’inchiesta islamica mondiale». Lunedì lo stesso Khamenei aveva lasciato intendere che sarebbe opportuno affidare la gestione dei luoghi sacri dell’islam a «un organo super partes». Nell’aspra polemica tra i due Paesi è intervenuto anche il presidente iraniano che ha invitato i musulmani a «punire l’Arabia Saudita», stavolta per i suoi crimini «politici». «I Paesi della regione e il mondo islamico – ha dichiarato Hassan Rohani nel corso di una riunione del consiglio di gabinetto – devono coordinare le loro azioni per risolvere i problemi e punire il governo saudita. Se il problema con Riad si fosse limitato allo hajj si sarebbe potuta trovare una soluzione. Ma purtroppo questo governo, con i crimini che commette nella regione e con il suo sostegno al terrorismo, di fatto ha versato il sangue dei musulmani in Iraq, in Siria e nello Yemen». La replica è arrivata dall’erede al trono di Riad, il principe Mohammed Bin Nayef che ha accusato l’Iran di tentare di «politicizzare lo hajj». Più dura la reazione del muftì saudita Abdel-Aziz al-Sheikh che ha definito Khamenei e il suo regime «nemici dell’islam». «Dobbiamo ricordarci, ha detto il muftì, che quelli non sono musulmani, bensì discendenti degli zoroastriani la cui ostilità verso i musulmani è antichissima». Nella diatriba è sceso anche Abdellatif Zayani, segretario generale del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg), l’organizzazione che riunisce le monarchie del Golfo e di cui l’Arabia Saudita è capofila. Zayani ha definito «inappropriate e offensive» le proposte iraniane di togliere ai sauditi la gestione dei luoghi sacri islamici affidandola a un organo indipendente, nonché «una chiara istigazione e un tentativo disperato di politicizzare il rito» del pellegrinaggio.Nella polemica tra i due poli islamici mondiali non poteva mancare la voce di al-Azhar. In un comunicato, i grandi ulema della storica istituzione cairota hanno rigettato «categoricamente la proposta di alcune potenze regionali di internazionalizzare i luoghi sacri», considerandola un’istigazione alla «fitna», ossia alla guerra tra sciiti e sunniti. Dal 1986 il sovrano saudita vanta il titolo di “Custode dei due luoghi santi”, un dettaglio non irrilevante nel braccio di ferro che oppone le due capitali su quasi tutti i dossier regionali.

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