mercoledì 16 agosto 2017
Secondo la vedova l'uomo, trattenuto per un crimine di cui si diceva innocente, aveva segni di tortura. Il procuratore aveva cercato di farlo abiurare in cambio della scarcerazione.
Indaryas Ghulam in una foto tratta da www.britishpakistanichristiansorg

Indaryas Ghulam in una foto tratta da www.britishpakistanichristiansorg

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I cristiani del Pakistan sono scesi in strada per protestare contro la morte di Indaryas Ghulam, cristiano di 38 anni, deceduto in circostanze misteriose mentre era sotto custodia della polizia nel carcere di Lahore. Il decesso, secondo quanto scrive Asianews è avvenuto il 13 agosto, alla vigilia delle celebrazioni per i 70 anni dell’indipendenza del Paese.

L’uomo era tra i 42 cristiani arrestati con l’accusa di aver linciato due musulmani sospettati di terrorismo qualche minuto dopo l’attacco dei talebani contro due chiese di Youhanabad (quartiere di Lahore), il 15 marzo del 2015, che provocò 19 vittime e più di 70 feriti.

Il detenuto, scrive Asianews, era tra coloro che il procuratore Syed Anees Shah aveva tentato di corrompere, promettendo loro la scarcerazione se avessero rinnegato Cristo. Indaryas avrebbe potuto aver salva la vita, ma ha deciso di testimoniare fino alla morte la propria fede.

La notizia del decesso è stata diffusa dalla British Pakistani Christian Association (Bpca). Indaryas era stato condannato a morte per impiccagione per il presunto coinvolgimento nel pestaggio dei due musulmani, ma si era sempre dichiarato innocente.

L’amministrazione carceraria ha attribuito il decesso alle critiche condizioni di salute del detenuto, malato di tubercolosi. Ma la moglie Shabana e la figlia Shumir, che hanno potuto vedere il corpo, denunciano che egli presentava bruciature e tagli ovunque, chiari segni di tortura che testimoniano la brutalità cui è stato sottoposto. Le donne lamentano inoltre che, sebbene il cristiano fosse gravemente malato, egli non ha mai ricevuto cure mediche adeguate dietro le sbarre.

Wilson Chowdhry, presidente della Bpca, afferma: “Indaryas Ghulam è un martire cristiano, il cui sacrificio deve ricordare a tutti noi il bisogno di lottare per la giustizia. Nonostante fosse innocente e le atroci sofferenze patite, egli ha scelto la morte piuttosto che la libertà offerta in cambio della conversione all’islam”. “Il suo esempio coraggioso – continua – e quello di tanti altri uomini innocenti, ci spinge ad opporci alla tirannia degli islamisti in Pakistan e a sollevare l’attenzione su come vive la minoranza [cristiana] nel Paese”.Secondo gli attivisti scesi nelle strade, “è difficile gioire dell’indipendenza, dal momento che essa ha creato una nazione con doppi standard in politica, davanti alla legge e nella vita di tutti i giorni – una nazione nella quale i cristiani sono cittadini di seconda classe”.

Inoltre essi lamentano che Indaryas non è il primo cristiano a morire per le torture subite sotto la custodia della polizia. Prima di lui, altri quattro: il primo è stato Robert Danish, ucciso nel settembre 2009; poi Qamar David, assassinato nel marzo 2011; in seguito Zubair Rashid, nel marzo 2015; da ultimo Liaquat Masih, deceduto nel gennaio 2016.

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