giovedì 28 aprile 2022
Approvata una mozione: dieci giorni dopo il «no» in Consiglio di sicurezza gli Stati dovranno spiegare le motivazioni
Una seduta del Consiglio di sicurezza dell'Onu

Una seduta del Consiglio di sicurezza dell'Onu - Archivio Ansa

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Un veto «utilizzato troppe volte a sproposito» in Consiglio di sicurezza mentre ne andrebbe fatto un «uso moderato» per evitare che «uno scontro fra i membri permanenti portasse a un’altra guerra». Uno sfogo sconsolato quello del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres martedì a Mosca: per cambiare il meccanismo serve la maggioranza qualificata dei due terzi e il benestare dei cinque Grandi. Ma Guterres, impegnato nella più difficile navetta diplomatica del suo mandato, stava anche lanciando un assist al voto andato in scena l’altra notte all’Assemblea generale Onu. «Con il potere di veto viene meno la responsabilità di lavorare per conseguire gli obiettivi ed i principi della Carta dell’Onu, in tutti i momenti» ha dichiarato l’ambasciatore del Liechtenstein, Christian Wenaweser, introducendo la sua mozione.

Un testo, frutto di due anni di lavoro, e sostenuto da altri 83 Paesi co-sponsor fra cui gli Stati Uniti, il Regno Unito e l’Italia assieme a tutti i membri dell’Ue. Una mozione nata per «la crescente preoccupazione» di vedere il Consiglio di sicurezza in evidente «difficoltà» a svolgere il suo compito in sintonia con la Carta delle Nazioni Unite, di cui l’«uso del veto è la più ovvia espressione» ha aggiunto l’ambasciatore Wenaweser. Da ora in poi l’Assemblea generale, ogni volta che vi sarà un veto, entro dieci giorni lavorativi potrà chiamare uno dei cinque Grandi a renderne conto. La misura, ha spiegato un ambasciatore sotto condizione di anonimato, vorrebbe «far pagare» ai cinque Grandi «un prezzo politico più alto» quando lo utilizzano. E questo non avviene di rado.

Il primo veto fu usato dall’Unione Sovietica nel 1946 per una risoluzione su Siria e Libano e da allora la Russia lo ha usato 143 volte. Quasi il doppio rispetto agli 86 veti espressi dagli Stati Uniti, i 30 del Regno Unito mentre Cina e Francia lo hanno fatto 18 volte ciascuno. L’ultimo veto, due mesi fa, come il primo è stato votato da Mosca. Come sia stata giudicata l’iniziativa del Liechtenstein è presto detto: Russia e Cina non hanno appoggiato il testo. Una iniziativa che «dividerà» l’Onu ancora di più fanno sapere fonti diplomatiche russe. Benché l’ambasciatore di Vaduz abbia sottolineato che la proposta è il frutto di due anni di studio, a nessuno sfugge che la sua approvazione coincida con la paralisi del Consiglio di sicurezza per fermare l’invasione russa, a causa del veto di Putin.

Una iniziativa che ha raccolto il sostegno del presidente Sergio Mattarella, intervenuto all’Assemblea del Consiglio d’Europa. L’Onu, chiara nella «condanna» dell’invasione ma «inefficace» sul terreno «va rafforzata, non indebolita», ha detto il capo dello Stato. Perciò «iniziative, come quella promossa dal Liechtenstein e da altri 15 Paesi, per evitare la paralisi del Consiglio di sicurezza dell’Onu vanno prese in seria considerazione». La crisi Ucraina è come un acceleratore della storia: in due mesi sono stati spazzati via vecchi e instabili equilibri mentre la comunità internazionale necessita di nuove relazioni e istituzioni in grado di governarle.

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