domenica 12 giugno 2016
​Viaggio nella comunità dei giovani restauratori della Basilica della Natività a Betlemme. I palestinesi si fidano, il team funziona. E risistemando le tessere si costruiscono ponti.
Natività a Betlemme, cercasi fondi per il restauro
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Donatori cercasi per le 50 colonne della Basilica della Natività a Betlemme. A Roma, con la partecipazione, tra gli altri, di monsignor Antoine Camilleri, sottosegretario per i rapporti con gli Stati, è partita una campagna per raccogliere fondi per sostenere il restauro della Basilica della Natività di Betlemme. Servono 2 milioni e 300mila euro, come ha ricordato il ministro Ziad Albandak, Head of presidential committee per il restauro della Basilica, realizzato dall'italiana Piacenti spa. L'invito ad «adottare una colonna» è aperto a Stati, privati e singoli, per riportare a nuova vita le due file di colonne di epoca giustinianea con 30 capitelli, 32 delle quali decorate con pitture invece crociate, in rosso, giallo e azzurro e con ritratti di santi.

Un’oasi d pace nel conflitto. Nella basilica della Natività di Betlemme, un gruppo di oltre 20 restauratori italiani sta lavorando con passione per farla tornare al suo splendore. «Siamo una colonia», scherza Silvio Sciortino 26 anni, in tasca una laurea in conservazione e restauro all’Università di Palermo. «Qui a Betlemme mi sembra di essere a casa», spiega il giovane alla sua prima esperienza in un Paese mediorientale. «Appena arrivato, i colleghi toscani mi dicevano: stai attento! Ma io mi sono ambientato subito. In fondo sia Betlemme che Palermo sono due città-mercato». Molte le cose in comune, in effetti, tra cui la bellezza sbalorditiva dei mosaici che pure presentano delle peculiarità. «Ogni giorno – racconta, inerpicato sulle impalcature, Alessandro Biagioni, 28 anni, fiorentino – facciamo piccole scoperte che ci avvicinano a un’epoca passata, all’effetto che si voleva dare ai pellegrini». Lo splendore dei colori, i particolari dei volti degli apostoli nelle scene della navata centrale che riprendono il Nuovo Testamento. Colpiscono, come gli effetti speciali del cinema digitale, gli angeli bagnati dalla luce che loro stessi indicano con le mani dirette verso le ampie finestre. I piedi alzati in movimento, come se potessero muoversi davvero e uscire dalle migliaia di piccole tessere di vetro laminate in oro in cui sono incastrati da 950 anni. Gli angeli erano sei, poi durante i restauri, Silvia Starinieri, una restauratrice che ci stava lavorando da diversi mesi, ha scoperto il settimo nascosto dietro lo stucco. Il progetto era stato presentato l’11 maggio scorso (come aveva riportato Avvenire) presso la Delegazione di Terra Santa a Roma da fra’ Eugenio Alliata.

I lavori sono iniziati tre anni fa ad opera di Giammarco Piacenti, amministratore delegato della Piacenti Spa, molto presente nel cantiere. Alla gara d’appalto, indetta dall’Autorità nazionale palestinese, si presentò in jeans e zaino in spalla, consapevole che avrebbe sbaragliato la concorrenza americana e russa con la competenza e non con la formalità. Il risultato è che i palestinesi si fidano, il suo team lo apprezza e la sinergia è palpabile. In tre anni si è concluso il rifacimento del tetto della Chiesa, marcito dalla pioggia, puliti i capitelli delle colonne, ripuliti i mosaici, ricomposti i volti sacri sfregiati dalle pallottole sparate 150 anni fa dagli ottomani iconoclasti. Ma sono anche nate storie di amicizia e di amore tra pause caffè e cene a base di pasta alle sarde. Si è sposato Christian Piacenti, 37 anni, pratese, con Mirna, bellissima palestinese dagli occhi verdi che lavorava al ristorante Casanova gestito dai Francescani.

Serena, restauratrice romana, 36 anni, si è invece innamorata di questa terra, dell’arte sacra e della presenza di tante religioni. Tutto si è concentrato simbolicamente nelle sue mani. Prima di arrivare alla Natività lavorava alla moschea al-Aqsa, il terzo santuario più sacro al mondo per l’islam. «Sono passata dai mosaici floreali a quelli figurativi», racconta. Dalla voce del Muezzin al suono delle campane. «È sempre bello lavorare con le preghiere di sottofondo, musulmane o cristiane. Mi concentro sull’attività manuale, pulisco la mente, e mi abbandono alla dolce cantilena».
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