venerdì 9 febbraio 2024
Il piccolo idrocefalo, grazie all’aiuto della Chiesa copta, è ora in Egitto con la madre e i fratelli. Già pronto un progetto di accoglienza in Italia
Il piccolo Adham, ricoverato in ospedale in Egitto grazie alla Fondazione per la fratellanza umana

Il piccolo Adham, ricoverato in ospedale in Egitto grazie alla Fondazione per la fratellanza umana - .

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Anche Muhammad, questa mattina, è andato con lo sguardo al valico di Rafah, da quattro mesi sigillato. Passare in Egitto, magari di contrabbando, attraverso un tunnel, è il sogno proibito di ogni palestinese di Gaza. Per Muhammad da qualche settimana, una disperata necessità. Padre di cinque figli, la sua vita e quella della moglie sono state sconvolte dall’arrivo di Adham, nato nel marzo del 2014 con quella testa troppo grossa sullo scheletro magro: “idrocefalo” la terribile diagnosi scolpita dal sul certificato medico del reparto di pediatria del Nasser Medical complex di Bani Suhaila, nel governatorato di Khan Yunis.

Già prima del “Sabato nero” vivere nella Striscia era una lotta continua contro povertà e disperazione. Da quando è iniziata la guerra la fuga, per proteggere il piccolo Adham, la sola possibilità rimasta al padre, 39 anni e una laurea in informatica in tasca. Grazie all’interessamento delle autorità del Cairo la moglie con i figli è riuscita ad entrare in Egitto dove il figlio disabile è ora ricoverato in ospedale: è stato l’interessamento della egiziana “Fondazione per la fratellanza umana” a garantire le cure e l’ospitalità alla moglie di Muhammad. All’uomo non sono mancate le proposte di espatriare in modo illegale: 5mila euro la tariffa dei “mercanti di uomini” per passare attraverso qualche cunicolo segreto la frontiera proibita. Una storia che si ripete, ad ogni muro che le guerre hanno costruito sulle sponde del Mediterraneo. Eppure per Muhammad una soluzione è lì, a portata di mano: grazie all’interessamento di un professore dell’Università Cattolica di Milano e di una Ong del Salento, un “corridoio umanitario artigianale” sarebbe già pronto: compreso il bonifico per pagare l’aereo dal Cairo a Roma Fiumicino.

Quello che manca è solo il visto che le cancellerie tardano a far arrivare mentre si esulta per i primi 11 bambini palestinesi arrivati a Roma proprio da al-Arish grazie a un primo corridoio umanitario. Un dolore insopportabile avere il biglietto in tasca per far sopravvivere il piccolo Adhan, ma non riuscire a raggiungerlo.

É il dolore dei profughi a Rafah, che mentre temono bombe dal cielo, sono passati al setaccio da agenzie umanitarie e intelligence. Nessuno vuole aprire le porte a combattenti compromessi con Hamas, ma chi può chiudere le porte in faccia al dolore di un padre? Solo lui, con il suo lavoro e la sua presenza in una società patriarcale e maschilista, può dare sicurezza economica e non solo, alla giovane moglie e ai cinque figli.

Rafah e la sua frontiera: un “effetto collaterale” della guerra lontano dai riflettori di televisioni “embedded”. Dall’inizio della guerra, scrive Il Foglio, sono riuscite ad attraversare la frontiera 14mila persone. Un tam tam che ha fatto della pagina Facebook “rete di attraversamento di Rafah” una delle più visitate dai palestinesi. Non avere una politica adeguata nei Paesi del Mediterraneo per gestire i casi più gravi come quelli di Muhammad e del piccolo Adham, significa lasciare mano libera alle rotte della corruzione e dei trafficanti di uomini.

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