mercoledì 26 luglio 2017
Le studentesse erano state inizialmente rifiutate, per paura, da molte scuole. Restano in ostaggio dei terroristi un centinaio di giovani. Nuova imboscata islamista: rapiti 10 geologi
Dopo la fuga da Boko Haram diploma per 42 ragazze di Chibok
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C'è voluta tutta la tenacia, la pazienza, il sacrificio. E la fiducia di qualcuno che le ha sostenute davvero. A tre anni dal dramma di quella notte in cui, in Nigeria, la violenza dei terroristi islamici di Boko Haram strappò loro e altre 242 compagne agli studi per farne ostaggi, schiave e mogli forzate, 42 ragazze del villaggio di Chibok hanno raggiunto un traguardo importante, il diploma di scuola superiore. Le studentesse che hanno commosso il mondo – la loro liberazione fu invocata anche da papa Francesco, Michelle Obama, David Cameron – provano a lasciarsi alle spalle il periodo più difficile della loro vita. E lo fanno ripartendo dai libri in un Paese in cui il sistema educativo sconta un’arretratezza endemica.


Le 42 diplomate fanno parte del gruppo di 56 ragazze rimaste fortunatamente solo per poco tempo nelle mani dei terroristi, essendo riuscite a scappare alcuni giorni dopo il rapimento del 14 aprile 2014. Non per questo il trauma è meno vivo, senza contare che i loro pensieri tornano spesso alle amiche ancora in ostaggio. A prendersi la responsabilità di sostenerle è stata in questi anni la partnership formata dal governo dello Stato di Borno e dalla Ong Girl Child Concern presieduta da Mairo Mandara, grande sostenitrice dell’educazione femminile in Nigeria.


Non che sia stato facile. Dopo un periodo di psico-riabilitazione, Mandara comincia a contattare alcune scuole: «Non volevano le ragazze di Chibok, perché temevano di diventare obiettivo di Boko Haram – racconta –. Inoltre pensavano che le famiglie dei loro studenti avrebbero ritirato i loro figli per paura». Solo dopo un po’ di tempo due scuole si fanno finalmente avanti: le studentesse cristiane vengono accolte alla Bethel International Christian Academy, nello Stato di Plateau, quelle musulmane alla Ulul-Albab Science Secondary School, nello Stato di Katsina. Il loro livello di preparazione, che è quello “standard” offerto dalle scuole dello Stato di Borno, dove è situato il villaggio di Chibok, è giudicato però largamente insufficiente rispetto a quello degli altri studenti. Alle ragazze viene chiesto di iniziare da capo la loro formazione secondaria.

Un percorso lungo quasi tre anni e che si è concluso martedì con la cerimonia dei diplomi, tenutasi nella capitale Abuja alla presenza, tra gli altri, del governatore di Borno, Kashim Shettima. «L’educazione di base nel nostro Stato è un disastro e questa vicenda lo ha evidenziato – riconosce Shettima –. Ma ora stiamo cercando di fare di più». «Siamo contenti non solo per il diploma – aggiunge Mandara – ma anche perché molte ragazze vogliono proseguire gli studi». Alcune delle altre ragazze liberate da Boko Haram in questi tre anni hanno faticato a reinserirsi nella loro comunità. Da ottobre dello scorso anno in molte sono ospiti di un centro governativo ad Abuja, dove hanno a disposizione sostegno psicologico in attesa di tornare a riabbracciare definitivamente le loro famiglie. Nelle mani dei terroristi restano ancora un centinaio delle ragazze di Chibok, per le quali lunedì un comitato per i diritti umani dell’Onu è tornato a invocare ogni sforzo possibile da parte delle autorità nigeriane.


Gli islamisti, però, non mollano la presa. Ieri sono tornati a colpire nello Stato di Borno, rapendo nel villaggio di Jibi 10 persone dello staff del dipartimento di indagini geologiche dell’Università di Maiduguri, che erano state ingaggiate dalla compagnia petrolifera statale nigeriana. Gli esperti stavano lavorando nella zona di Magumeri: «È chiaro che Boko Haram ha studiato i loro movimenti prima di rapirli». Nell’attacco sono rimasti uccisi una decina di militari. La partita del governo nigeriano contro i terroristi sembra ancora lungi dall’essere vinta.

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