sabato 6 maggio 2023
I droni su Mosca hanno mostrato la vulnerabilità di Putin. Ma chi sono gli oppositori armati? Dalla "Legione Libertà" ai sabotatori ferroviari. Ecco la galassia anti-Putin e Lukhashenko
"Caesar" è uno dei leader della "Legione Libertà". E' ricercato in Russia dove pende un ordine di arresto

"Caesar" è uno dei leader della "Legione Libertà". E' ricercato in Russia dove pende un ordine di arresto

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I droni killer piombati in piena notte sulle cupole del Cremlino resteranno a lungo un mistero. Mosca accusa Kiev, ma nella capitale russa anche molti tra i putiniani di ferro sanno che il segnale più temuto è arrivato: le formazioni partigiane ora sono in grado di colpire al cuore il centro del potere, mostrando che Putin è vulnerabile.

«Escludiamo che si sia trattato di un auto-attentato finalizzato a dare il via libera a una ulteriore escalation militare», fa notare un reporter russo scampato alle purghe del regime ma che riservatamente collabora con organizzazioni di attivisti locali per i diritti umani. «Sarebbe stato un autogol - aggiunge - perché avrebbe mostrato ai russi e al mondo la penetrabilità del sancta santorum del “sistema Putin“, che poi è stato il vero scopo dell’attacco».

Il primo risultato, rivendicato dai partigiani-sabotatori come un successo, è il blocco del sistema gps a Mosca, dove i residenti non possono più chiamare un taxi, noleggiare una bicicletta, aprire il navigatore satellitare a causa dello stop imposto dal Cremlino che teme nuovi sabotaggi.

Ma chi sono i “partigiani” che dalle pianure ucraine agli Urali si fanno beffe del Cremlino? Alcuni sembrano venire da un tempo lontano, sostenuti da una impalcatura ideologica velleitaria. Come la galassia russa del “Boak”, che sta per “Organizzazione combattente anarco-comunista”. Poi c’è la rete di russi e bielorussi “Stop the wagons”, che gli attacchi li conduce mettendo in ginocchio i collegamenti ferroviari, essenziali per il trasporto di truppe ed armi verso il fronte. A Minsk è attiva “Bypol”, organizzazione clandestina i cui componenti sono ex militari e poliziotti bielorussi specializzati proprio nell’uso dei droni. A fine febbraio uno è stato fatto planare sopra un bombardiere radar di Mosca, parcheggiato in un aerodromo militare alla periferia di Minsk. Prima di rientrare indisturbato (qui il video dell'attacco), il velivolo radiocomandato ha sganciato alcuni pacchi esplosivi che hanno squarciato la carlinga dell’aereo russo. Elementi dell’opposizione armata hanno rivendicato numerosi attacchi contro i due regimi di Putin e Lukhashenko, ma molti attentati restano avvolti negli interrogativi. Si va dagli attacchi diretti verso obiettivi strategici o simbolici, fino agli omicidi mirati. L'ultimo attentato è stato compiuto ieri mattina a Nižnij Novgorod, la città sul Volga a 500 da Mosca. Era stata piazzata una bomba sulla Audi Q7 del propagandista Zakhar Prilepin. In passato aveva dichiarato la sua partecipazione a formazioni armate nel territorio del Donbass e di recente il Cremlino lo aveva premiato assegnandogli anche la vicedirezione del teatro dell'Arte di Mosca. Prilepin è in fin di vita mentre il suo autista guardaspalle è morto sul colpo. Mosca punta il dito contro il “regime di Kiev” e contro Stati Uniti e Gran Bretagna. Per il Cremlino sono gli Usa e la Nato ad «alimentare un’altra cellula terroristica internazionale: il regime di Kiev. Bin Laden, Isis, ora Zelensky con i delinquenti», ha scritto su Telegram la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Un uomo è stato arrestato e secondo le autorità antiterrorismo russe, che non hanno fornito dettagli né riscontri, avrebbe subito confessato di avere agito su indicazione dei servizi segreti ucraini.

I gruppi di sabotatori hanno cominciato a farsi notare già nell'estate scorsa. Solo a luglio del 2022 erano stati registrati 23 incendi dolosi contro gli uffici di arruolamento militare in territorio russo. A unire le diverse anime della dissidenza è il sogno di un futuro senza Vladimir Putin e i suoi accoliti. Donne e uomini sono in grado di entrare in azione laddove nessuno si aspetterebbe.

La testa di ponte è nell’oriente ucraino, dove agisce la “Legione Libertà”, composta interamente da oppositori russi. Dispone di squadre che hanno fatto delle battaglie a fianco degli ucraini nel Donbass il loro addestramento a tappe forzate. Le incursioni contro le milizie filo-russe alimentano leggende che si propagano di trincea in trincea. Nei mesi scorsi Avvenire aveva avuto accesso ad alcune attività sul campo. La segretezza era un dogma. Ma ora che il fronte armato dissidente si allarga, i giovani combattenti il cui canto di battaglia è «Per la Russia! Per la libertà!”» hanno deciso di esporsi. Come il legionario che si fa chiamare “Caesar”, e che adesso si mostra in volto, specie da quando ha saputo che in Russia lo cercano per arrestarlo. «L’apertura di processi penali contro chi si oppone apertamente al regime di Putin – dice – indica che il Cremlino ha paura». Perciò hanno scelto di non nascondersi più. «Siamo consapevoli della nostra responsabilità e del nostro contributo nell’informare i russi sulla situazione reale – spiegano dalla “Legione” –. Per questo, ogni volta che è possibile parliamo con i giornalisti e raccontiamo il nostro punto di vista». Anche per non far sentire isolati quei lupi solitari che in varie regioni russe hanno cominciato a disturbare le attività ufficiali, mostrando che il malcontento non può essere del tutto silenziato.

Il 27 agosto scorso alcuni organi di stampa governativi a Minsk e Mosca avevano annunciato l’arresto di Evgenia Belova. La donna aveva cosparso di liquido infiammabile la vistosa Bmw scura di Yevgeny Sekretarev, funzionario di primo piano dell’ottavo Direttorato dello Stato maggiore delle forze armate di Mosca. Non un obiettivo a caso: il Direttorato supervisiona il “Servizio di Protezione Segreta dello Stato” che si occupa della censura di guerra. La 65enne Evgenia venne descritta come in cura presso una “clinica psiconeurologica”. Nel corso di alcune interviste i parenti hanno assicurato che prima dell’attentato incendiario qualcuno l’aveva «ipnotizzata». Una scusa come tante, perché Mosca non può ammettere che si moltiplicano e non riesce più a spegnere tutte le voci della resistenza organizzata contro il “sistema Putin”.

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