mercoledì 23 novembre 2016
Lettera dei vescovi per la chiusura del Giubileo della Misericordia: non abbiamo mostrato di essere un'unica famiglia
Una fossa comune per il genocidio del 1994 in Ruanda

Una fossa comune per il genocidio del 1994 in Ruanda

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In coincidenza con la chiusura del Giubileo della Misericordia, la Chiesa cattolica ruandese ha chiesto ufficialmente scusa per il «ruolo svolto da molti fedeli» durante il genocidio.

Oltre 800mila civili furono brutalmente massacrati nel 1994 in poco più di tre mesi, spesso bruciati vivi nelle chiese del Paese. «Ci scusiamo in nome di tutti i cristiani per tutti gli errori commessi», recita una lettera letta domenica scorsa in varie parrocchie nella lingua locale, kinyaruanda. «Ci dispiace che membri della chiesa abbiano violato il loro giuramento di obbedienza ai comandamenti del Signore. Perdonateci per i crimini di odio nel Paese, i quali – continua il documento – ci hanno portato ad odiare a causa dell’etnica. Non abbiamo mostrato di essere una sola famiglia, ma invece ci siamo uccisi a vicenda». Le uccisioni colpirono i tutsi (ma non vennero risparmiati anche gli hutu, moderati che tentarono di opporsi alle azioni dei compagni). La lettera, scritta su iniziativa della Conferenza episcopale del Ruanda (Cer), rappresenta la prima scusa ufficiale che coinvolge l’intera comunità cattolica del Paese. Molte altre volte, però, la chiesa ruandese, cattolica e protestante, ha chiesto perdono per i propri fedeli che hanno «direttamente o indirettamente ucciso» i loro connazionali. Secondo diverse testimonianze, infatti, gran parte delle vittime del genocidio aveva trovato rifugio nelle chiese prima di essere ferocemente sterminate dai loro aggressori.

«Non si può parlare di misericordia in Ruanda senza parlare di genocidio – ha detto all’agenzia Fides monsignor Philippe Rukamba, vescovo di Butare e presidente della Cer –. Questa lettera pastorale è stata firmata da tutti i vescovi per chiedere perdono dei peccati commessi nel genocidio e di altri peccati commessi successivamente dai cattolici». I vescovi hanno comunque insistito sul fatto che la responsabilità delle violenze non è da addossare all’intera istituzione. «Non è la Chiesa in quanto tale che ha commesso questi crimini – continua Rukamba –, ma sono i suoi figli che hanno peccato».

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