mercoledì 12 gennaio 2011
Nel Sud dell’Egitto torna la paura: un poliziotto ha aperto il fuoco su un treno uccidendo un cristiano e colpendo altre cinque persone. Richiamato in patria per consultazioni l’ambasciatore presso il Vaticano. Altre 13 persone massacrate in un villaggio vicino Jos nella regione centrale nigeriana. L’arcivescovo Kaigama: «Sospetti sul terrorismo internazionale, prima si combatteva con le frecce, ora ci sono armi e bombe».
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Una sparatoria a bordo del treno che partito da Assiut solca l’iEgitto in direzione del Cairo. Una sventagliata di colpi nello scompartimento in sosta alla stazione di Samalut, cittadina a maggioranza copta, e l’intero Egitto è di nuovo paralizzato dal terrore.Un sottufficiale della polizia ha colpito a tradimento nella cittadina a maggioranza copta: Fathi Massad Qattas, cristiano di 71 anni la vittima, altri cinque i feriti, quattro cristiani e un musulmano. Fra di loro anche la moglie dell’uomo subito deceduto per le ferite. Nessun movente palese, nessun indizio concreto o rivendicazione, per un gesto che, a soli 11 giorni dalla strage di Capodanno ad Alessandria, riporta l’Egitto nell’incubo di una possibile offensiva fondamentalista contro la comunità cristiana. Il killer, un musulmano identificato come Amer Ashur Abdel-Zaher Hassan, ha tentato di fuggire ma è stato arrestato e subito messo sotto interrogatorio. Qualche fonte locale ha ipotizzato di «un regolamento di conti», forse una lite fra famiglie. Le autorità si sono limitate a parlare di «sparatoria casuale» e il governatore di Minya ha smentito un movente confessionale. L’episodio, di cui è stato informato anche il patriarca copto Shenouda III, sembra vanificare gli appelli del presidente Mubarak all’unità nazionale. Rafforzate immediatamente le misure di sicurezza attorno ai luoghi di culto dei copti, ma l’episodio è un calcio alla speranza del governo del Cairo di ritornare subito alla normalità. Giorni difficili in cui l’esecutivo lavora pure a esorcizzare il rischio che da Tunisia e Algeria si propaghi una rivolta per il pane. Una tragica sera in un pomeriggio già increspato da nuove tensioni internazionali. Poche ore prima il governo del Cairo aveva richiamato la sua ambasciatrice presso la Santa Sede, Lamia Aly Hamada Mekhemar. Consultazioni, ha spiegato il ministero degli Esteri, necessarie dopo le «nuove dichiarazioni del Vaticano concernenti gli affari interni egiziani». Dichiarazioni, ha affermato un portavoce, considerate dall’Egitto «un’ingerenza inaccettabile nei suoi affari interni». Dopo l’attentato terroristico di Capodanno ad Alessandria d’Egitto il ministro degli Esteri, Ahmed Abul Gheit, aveva inviato una lettera al suo omologo vaticano con la quale smentiva «parecchi punti tra le dichiarazioni emesse dal Vaticano». Affermazioni che riguardano la «posizione dei copti in Egitto e la relazione fra musulmani e copti». Una presa di posizione condivisa dall’imam di Al Azhar, Ahmed al-Tayyeb, che ha ribadito ieri la sua contrarietà a ingerenze esterne negli affari dei Paesi arabi musulmani «sotto qualsiasi pretesto». In serata una nota del Vaticano riferiva di un colloquio fra l’ambasciatore egiziano e l’arcivescovo Dominique Mamberti. Nell’incontro il segretario per i rapporti con gli Stati ha sottolineato la partecipazione della Santa Sede all’emozione dell’intero popolo egiziano, colpito dall’attentato di Alessandria. La Santa Sede, condivide pienamente la preoccupazione del Governo di «evitare l’escalation dello scontro e delle tensioni per motivazioni religiose», ed apprezza gli sforzi che esso fa in tale direzione. Lunedì, nel discorso al corpo diplomatico, Benedetto XVI aveva ricordato i recenti attentati in Medio Oriente contro le comunità cristiane: un segno per benedetto XVI «dell’urgente necessità per i governi della regione di adottare, malgrado le difficoltà e le minacce, misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose».
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