giovedì 23 gennaio 2025
La Corte penale internazionale ha spiccato due ordini di arresto per l'emiro e il capo dei giudici
Il numero uno dei taleban Haibatullah Akhundzada

Il numero uno dei taleban Haibatullah Akhundzada - .

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«Crimini di genere». Lo Statuto di Roma – da cui nasce, nel 2002, la Corte penale internazionale (Cpi) – persegue le violazioni perpetrate su individui e collettività a causa del loro genere. Finora, però, lo ha fatto solo una volta nel 2019 nei confronti del maliano al-Hassam, capo della polizia del gruppo jihadista Ansar Dine, prosciolto, però, da quel capo d’accusa nel successivo processo.

Ora la Corte penale internazionale ha deciso di riprovarci. E di portare sul banco degli imputati l’Afghanistan dei taleban attraverso il giudizio degli architetti del sistema di apartheid di genere costruito dal ritorno al potere il 15 agosto 2021. Il procuratore capo, Karim Khan, ha spiccato i mandati d’arresto per l’emiro, Haibatullah Akhundzada, il leader supremo del gruppo, e per il ministro della Giustizia, Abdul hakim Haqqani. Entrambi – scrive Khan – «sono penalmente responsabili della persecuzione di ragazze e donne afghane, nonché di persone percepite non conformi alle loro aspettative ideologiche di identità di genere».

In tre anni e mezzo, i taleban hanno emanato quasi 130 editti e decisioni per ridurre al minimo le prerogative femminili. L’ultima norma, lo scorso dicembre, ha chiuso i corsi per infermiere e ostetriche. Uno dei pochi spazi rimasti per le giovani, di fatto bandite dalla scena pubblica e, in buona parte, dalla vita civile e lavorativa. Tra le proibizioni più gravi quella di proseguire gli studi al termine delle elementari. La misura, emanata sette mesi dopo la proclamazione dell’Emirato, ha suscitato un’ondata di indignazione in patria e all’estero, tradendo le promesse di moderazione fatte dai “nuovi taleban”.

Il veto all’educazione femminile, in realtà, ha creato forti tensioni all’interno dei vertici degli ex studenti coranici. Il potente clan Haqqani – legato al Pakistan – è contrario da sempre. Più per pragmatismo che per attenzione nei confronti delle donne: la loro esclusione dalle scuole rappresenta un ostacolo insormontabile per la riammissione del Paese al flusso di aiuti internazionali di cui ha disperatamente necessità. Finora, però, il gruppo di Kandahar – guidato dall’emiro – è riuscito a prevalere. Gli scossoni, comunque, non mancano.

La settimana scorsa, il vice-ministro degli Esteri, Sher Abbas Stanikzai, ha parlato, in un discorso pubblico a Khost, di «divieto ingiustificato». E ha chiesto esplicitamente a Haibatullah Akhundzada di eliminarlo. Gli ordini di cattura della Cpi puntano a incrementare la tensione: la Corte non ha forze proprie e deve contare su quelle dei 125 Stati parte per procedere agli arresti. Come l’esperienza insegna, da Putin a Netanyahu, non tanti sono disposti a farlo.

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