venerdì 23 agosto 2013
Riprende lo scontro tra i ribelli di Seleka, al potere, e i sostenitori dell’ex presidente  Bozizé. Assassinate nella capitale Bangui almeno 25 persone​. Un gruppo di sacerdoti e suore costretti a rifugiarsi a causa delle violenze dei fondamentalisti.
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Sono ore di altissima tensione in Centrafrica. A Boy-Rabe, il quartiere della capitale Ban­gui dove sembrano giocarsi le sor­ti del Paese, si sentivano ancora col­pi d’arma da fuoco ieri mattina. Se­condo fonti ospedaliere, un nume­ro imprecisato di civili è stato ucci­so: alcuni parlano di oltre 25 mor- ti, e decine di feriti. «L’ospedale sta­tale è pieno di donne e bambini in cerca di riparo», afferma David Ko­lingba, residente di Bangui. «Gli uo­mini sono fuggiti per non farsi tro­vare dai militanti della coalizione Seleka poiché le abitazioni di Boy-Rabe sono continuamente setac­ciate e derubate. E se qualcuno vie­ne trovato in casa –dichiara anco­ra Kolingba – si arriva ad episodi di violenza indiscriminata». Michel Djotodia, nominato presi­dente ad interim domenica scorsa, sta cercando in tutti i modi di di­sarmare i sostenitori dell’ex presi­dente Francois Bozizé. Nel farlo, però, agli insorti della Seleka – che hanno portato al potere Djotodia – danno sfogo a rancori e frustrazio­ni. E i rivali fanno altrettando. I re­golamenti di conti sono all’ordine del giorno. «Da sabato scorso, i so­stenitori di Bozize hanno lanciato attacchi contro membri della Se­leka intenti a pattugliare il quartie­re – ha confermato la stampa loca­le – sono state lanciate granate e si sono sentiti spari durante tutto il fi­ne- settimana». Infrante le speranze di un accordo, grazie alla mediazione del governo, le fazioni sono tornate a uccidersi a vicenda. «Prima di andarsene – ha dichiarato ieri Noureldine A­dam, ministro della Sicurezza –, Bo­zizé ha lasciato molte armi ai gio­vani che ora ci stanno attaccando». L’arcivescovo di Bangui, Dieudon­ne Nzapalainga, ha rivolto dure cri­tiche agli uomi­ni di Djotodia: «Non possiamo parlare di disar­mo – ha detto monsignor N­zapalainga – quando la Se­leka uccide in modo indiscri­minato e saccheggia gli averi di cit­tadini pacifici». Nella capitale sono presenti migliaia di soldati stranie­ri. I militari francesi difendono principalmente i connazionali e i loro interessi, mentre la missione della Comunità economica degli Stati dell’Africa centrale (Fomac) dovrebbero garantire la sicurezza del resto della popolazione. Al di fuori della capitale, invece, c’è la completa anarchia. «Migliaia di persone vivono in condizioni pri­mitive », spiega Mark Kaye, opera­tore umanitario dell’organizzazio­ne Save the Children. «Mol­ti si sono rifu­giati nella bo­scaglia dopo a­ver perso tutto. Siamo, inoltre, molto preoccu­pati per i bam­bini – ha sottoli­neato Kaye –. I minori sono stati a­busati, maltrattati e reclutati dai di­versi gruppi armati». La comunità cristiana teme invece le insistenti persecuzioni nei propri confronti dopo che fedeli e chiese sono stati presi di mira negli ultimi mesi. «Un gruppo di sacerdoti e le religiose della Soeurs de la Charité si sono rifugiate a Bouar da Bohong, cittadine nell’ovest del Paese, a cau­sa delle violente rappresaglie dei miliziani della Seleka», hanno spie­gato ieri fonti della comunità cat­tolica all’agenzia Fides. Un gruppo di militanti jihadisti, il 17 agosto, accompagnati da giovani musul­mani di Bohong, si sono diretti al­la casa parrocchiale, ne hanno sfondato la porta e l’hanno sac­cheggiata. Poi, hanno profanato la chiesa e razziato la casa delle suo­re. Costrette alla fuga, il giorno do­po. Nel suo discorso d’insediamento, il presidente Djotodia si era impe­gnato a riportare l’ordine e ad or­ganizzare le elezioni generali entro 18 mesi. Ma in seguito alle recenti dichiarazioni di Bozizé – il quale ha espresso il suo desiderio di tornare al potere nella Repubblica Centra­fricana – la situazione sembra sprofondare giorno dopo giorno nel caos. E a fare le spese della guerra fra bande sono soprattutto i civili. «C’è un totale annientamento del­la legge e dell’ordine – ha com­mentato settimana scorsa Ban Ki­moon, Segretario generale delle Na­zioni Unite –. La crisi in Centrafri­ca rischia di infiammare l’intera re­gione ». Nonostante le modeste di­mensioni, il Paese è ricchissimo d’oro, diamanti e uranio. Risorse naturali preziose che attraggono come una calamita gli interessi di diversi Paesi, non solo africani, ma anche stranieri.
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