Occupazione Gaza, l'esercito costretto ad accettare le decisioni di Netanyahu
di Nello Scavo
Per tre ore il premier ha discusso con i vertici delle forze armate, rinviando la convocazione del gabinetto di sicurezza che dovrebbe dare “luce verde” all’occupazione

È dovuto intervenire il capo dell’opposizione israeliana per intimare a governo ed esercito di lavare i panni sporchi in casa. Perché quelle di martedì sono state le ore del caos, tra minacce, allusioni, faide a mezzo social, e perfino il figlio di Netanyahu intervenuto per accusare il comandante dell’esercito di voler tentare un colpo di Stato.
Nel tentativo di stemperare lo scontro, le forze armate hanno assicurato che sono pronte ad eseguire «qualsiasi ordine» arriverà dal gabinetto di guerra. Che avrebbe dovuto riunirsi mercoledì ma, a riprova delle tensioni, è stato rimandato a giovedì.
Proprio il leader dell’opposizione Lapid incontrerà il primo ministro, nel tentativo estremo di scongiurare la battaglia per la completa cattura di Gaza, che secondo fonti militari dovrà mettere in conto anche un gran numero di caduti israeliani che si troverebbero a dover fronteggiare almeno 20mila miliziani armati in uno spazio angusto e in mezzo ai civili.
Secondo le mappe militari le forze di difesa israeliane controllano circa il 75% della Striscia di Gaza. «Che senso ha occuparla tutta come vorrebbe il capo del governo?». Questa domanda – a quanto risulta da varie fonti – è stata rivolta personalmente a Netanyahu che oggi per oltre tre ore ha discusso con i comandanti delle forze armate. «È ancora necessario ottenere la completa sconfitta del nemico a Gaza – aveva detto il premier incontrando le reclute dell’Idf –, liberare i nostri ostaggi e garantire che Gaza non costituisca mai più una minaccia per Israele». Con una sbrigativa nota l’ufficio del primo ministro ha dichiarato che è stata tenuta una «discussione limitata sulla sicurezza», durante la quale il capo di stato maggiore, Eyal Zamir «ha presentato le opzioni per continuare la campagna a Gaza».
Ma quella di oggi è stata la giornata della guerra al tempo dei social network. Da Miami, dove vive lontano dal conflitto, il figlio del premier è intervenuto su X accusando il corrispondente militare del quotidiano Yedioth Aharonoth, Yossi Yehoshua, di essersi fatto dettare un post contro il governo direttamente dal capo di stato maggiore Zamir, apertamente contrario alla completa conquista del rimanente 25% della Striscia: «Se chi ti ha dettato quel tweet è chi pensiamo – ha scritto Yair Netanyahu, non nuovo ai toni complottardi –, si tratta di una ribellione e di un tentativo di colpo di stato militare degno di una repubblica delle banane in America Centrale durante gli anni ‘70. Questo è completamente criminale». Ancora una volta dall’entourage del primo ministro non è arrivata alcuna presa di distanza dalle accuse del giovane Netanyahu. Al contrario, sempre via social è andato in scena uno scontro tra ministri, ancora una volta a proposito del generale Zamir. Il ministro di ultradestra Itamar Ben-Gvir, che mira alla conquista totale della Striscia, ha scritto su X che il generale deve obbedire senza fiatare: «Il capo di stato maggiore è tenuto a dichiarare chiaramente che rispetterà pienamente le direttive del livello politico, anche se si decidesse di procedere alla conquista e a un’azione decisiva». Poco dopo, il ministro degli Esteri Gideon Saar che davanti al Consiglio di Sicurezza Onu ieri ha rivendicato le scelte di Tel Aviv, ha reagito a pugni chiusi: «Il capo di stato maggiore è tenuto a esprimere la sua opinione professionale in modo chiaro e inequivocabile alla classe politica. Sono convinto che lo farà». Al Consiglio di sicurezza si è rivolto, collegato da Israele, anche Ilay David, fratello maggiore dell’ostaggio Evyatar. Era stato il ministro Saar a chiedere una riunione urgente al Palazzo di Vetro dopo che Evyatar e l’ostaggio Rom Braslavski sono apparsi, gravemente denutriti e costretti a scavare una fossa nei tunnel, nei video diffusi da Hamas.
La grande assente oggi è stata la diplomazia americana. La Casa Bianca, a quanto fanno filtrare diverse fonti vicine a Trump, non sembra intenzionata ad approvare la definitiva conquista di Gaza, ma non si opporrebbe a nuove operazioni. E questa mattina i carri armati israeliani sono avanzati nel centro della Striscia, disponendosi su nuove posizioni. In attesa di ordini.
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