Lo strappo di Djokovic: scende in piazza con i giovani e va in esilio in Grecia
di Redazione
Il tennista numero 4 al mondo si era schierato con i manifestanti e aveva ricevuto pesanti critiche dal leader Vučić e insulti, ora la scelta di trasferirsi racchette e bagagli ad Atene

Ancora un cambio nella vita di Novak Djokovic. Mentre qualcuno, per ora solo sussurra, che dopo il probabile ritiro alla fine dell'annata per l'atleta che ha preso il posto di Federer e Nadal prima dell'avvento di Sinner e Alcaraz, si possano schiudere le porte della politica. Il tennista ex numero uno e ora al quarto posto del ranking Atp, secondo quanto riporta la stampa internazionale, è pronto intanto a trasferirsi in Grecia dopo essere stato etichettato come "traditore" dalla Serbia. "Nole" è volato ad Atene con la sua famiglia dopo che il governo di Aleksandar Vučić ha criticato Djokovic per aver sostenuto le proteste degli studenti, scesi in piazza chiedendo nuove elezioni. La Serbia, che ha sempre considerato Djokovic uno dei pezzi più pregiati del Paese e si congratulava per i successi del campione, ora considera il giocatore un traditore proprio per il sostegno alle proteste. Ci sarebbe questo dietro la decisione presa da Djokovic nelle ultime settimane: lasciare Belgrado e trasferirsi con la famiglia ad Atene. I
Secondo il Daily Mail, l'ex numero uno del mondo ha iscritto iscritto i suoi due figli, Stefan di 11 anni e Tara di 8, al St. Lawrence College di Atene e Djokovic avrebbe acquistato una casa per la sua famiglia nella capitale greca.
Dietro la decisione del campione nato a Belgrado, concordano in molti, ci sarebbero le critiche subite in patria dagli ambienti e dai media filo-governativi. In particolare quelli "vicini al presidente Aleksandar Vucic" lo hanno apostrofato come e "falso patriota" per aver sostenuto le proteste studentesche.
Dopo un passato da "no vax" e per nulla ostile al regime di Belgrado, smaccatamente filo-russo, sui social "Djoker" si è schierato con i manifestanti che accusano le autorità serbe di corruzione e con l'ondata di proteste seguita alla morte a dicembre di 16 persone nel crollo di una pensilina della stazione ferroviaria di Novi Sad: "Come persona che crede profondamente nel potere dei giovani e nel loro desiderio di un futuro migliore, credo sia importante che le loro voci vengano ascoltate", ha scritto Djokovic sui social, "la Serbia ha un potenziale enorme e la sua gioventù istruita è la sua più grande forza. Ciò di cui abbiamo tutti bisogno è comprensione e rispetto".
Dietro la decisione del campione nato a Belgrado, concordano in molti, ci sarebbero le critiche subite in patria dagli ambienti e dai media filo-governativi. In particolare quelli "vicini al presidente Aleksandar Vucic" lo hanno apostrofato come e "falso patriota" per aver sostenuto le proteste studentesche.
Dopo un passato da "no vax" e per nulla ostile al regime di Belgrado, smaccatamente filo-russo, sui social "Djoker" si è schierato con i manifestanti che accusano le autorità serbe di corruzione e con l'ondata di proteste seguita alla morte a dicembre di 16 persone nel crollo di una pensilina della stazione ferroviaria di Novi Sad: "Come persona che crede profondamente nel potere dei giovani e nel loro desiderio di un futuro migliore, credo sia importante che le loro voci vengano ascoltate", ha scritto Djokovic sui social, "la Serbia ha un potenziale enorme e la sua gioventù istruita è la sua più grande forza. Ciò di cui abbiamo tutti bisogno è comprensione e rispetto".
© RIPRODUZIONE RISERVATA






