La sfida più difficile per Sanae: economia e politica sono sull'ottovolante
Dopo la lunga era di Shinzo Abe, che con otto anni consecutivi al potere (2012-2020) aveva garantito stabilità inedita, il Paese è tornato all'instabilità cronica dei primi anni 2000

L'elezione di Takaichi Sanae come prima donna premier nella storia del Giappone rappresenta un momento storico che cela però una realtà preoccupante: il Sol Levante attraversa una delle fasi più instabili della sua storia recente. Dopo la lunga era di Shinzo Abe, che con otto anni consecutivi al potere (2012-2020) aveva garantito stabilità inedita, il Paese è tornato all'instabilità cronica dei primi anni 2000.
L'eredità di Abe, assassinato nel luglio 2022, appare sempre più pesante da sostenere. Dal suo ritiro nel 2020, il Giappone ha visto alternarsi Yoshihide Suga (2020-2021), Fumio Kishida (2021-2024) e Shigeru Ishiba (2024-2025), tutti incapaci di mantenere il consenso necessario. Quest'ultimo ha guidato il Paese per appena un mese prima di doversi dimettere dopo la disfatta elettorale di ottobre 2024, quando la coalizione ha perso la maggioranza alla Camera bassa.
La frammentazione si è accentuata con la rottura storica tra il Partito Liberal-Democratico e Komeito, alleati per 26 anni. Komeito, partito di ispirazione buddhista, non può accettare la deriva nazionalista rappresentata da Takaichi, nota per le sue posizioni radicali sulla politica estera.
Il governo Takaichi nasce azzoppato: la coalizione con il Partito dell'Innovazione controlla 231 seggi alla Camera bassa, due in meno della maggioranza necessaria di 233. Per governare, la premier dovrà cercare continuamente l'appoggio di partiti minori, compromettendo la stabilità. Una situazione che ricorda il periodo 2006-2012, quando il Giappone ha cambiato sei primi ministri in sei anni.
L'instabilità riflette una crisi di fiducia degli elettori. Il PLD è stato travolto da scandali: dai legami con la Chiesa dell'Unificazione, emersi dopo l'assassinio di Abe, all'inchiesta del 2023 sui "fondi neri" che ha rivelato meccanismi illeciti di finanziamento.
L'economia non è da meno. Dopo decenni di deflazione, il Giappone affronta ora l'inflazione. Nel 2024 la crescita si è attestata a un modesto 0,1%, in netto rallentamento rispetto all'1,5% del 2023. L'inflazione sopra il 2% erode il potere d'acquisto. Sebbene i salari siano aumentati del 5,3% – il maggior incremento in 33 anni – i consumi privati sono scesi dello 0,3% nell'ultimo trimestre.
La Banca del Giappone deve bilanciare il controllo dell'inflazione con un vincolo drammatico: il debito pubblico dovrebbe raggiungere il 234,9% del PIL entro fine 2025. Con un indebitamento simile, ogni aumento dei tassi si traduce in un costo insostenibile per il servizio del debito, creando una vera trappola finanziaria.
Le minacce esterne completano il quadro. Il ritorno di Trump porta la minaccia di dazi sulle esportazioni automobilistiche. Lo yen, indebolito a 151 contro dollaro, rende costose le importazioni energetiche. Sul fronte geopolitico, le posizioni nazionaliste di Takaichi rischiano di esacerbare le tensioni con la Cina.
L'Abenomics aveva tirato il Giappone fuori dalla deflazione cronica, ma quella ricetta sembra esaurita. Takaichi si richiama all'eredità di Abe, di cui è stata allieva, ma dovrà dimostrare capacità eccezionali. Governare con una maggioranza risicata, in un momento di crisi economica e in un contesto internazionale difficile, sarà una sfida enorme. La sua nomina, sebbene storica, rischia di inaugurare l'ennesima stagione di brevissima durata.
Il Giappone è a un bivio: troverà un nuovo equilibrio o tornerà alla sindrome del "primo ministro usa e getta" degli anni pre-Abe? La risposta determinerà non solo il futuro della quarta economia mondiale, ma anche gli equilibri geopolitici dell'intera regione asiatica.
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