La Russia ha organizzato il suo Eurovision. Ecco chi partecipa

Alla rassegna originale Mosca non può partecipare, quindi Putin rispolvera la vecchia tradizione sovietica dell’Intervision, invitando asiatici e africani annoverati tra i cosiddetti Brics
September 18, 2025
La Russia ha organizzato il suo Eurovision. Ecco chi partecipa
Ansa | Tutto pronto a Mosca per l'edizione 2025 dell'Intervision
A volte ritornano, un po’ per necessità e un po’ perché per il presidente Putin del passato non si butta via niente, almeno fino al 1991. E, così, in una Russia che appare sempre più come la caricatura (pericolosa) del suo passato, domani torna anche l’Eurovision in salsa Piazza Rossa e, come nei “bei tempi andati” si chiamerà Intervision. Una decisione forse dettata dal fatto che a quello “originale” Mosca non può più partecipare a causa delle atrocità commesse in Ucraina. Anche per questo, il Cremlino ha rispolverato una tradizione che trova le sue radici nel 1965, quando ci doveva essere la versione sovietica di tutto, dall’Esposizione Universale all’Eurovision. La manifestazione sarà ospitata dalla Live Arena in Novoivanovskoye, alle porte della capitale. Peccato che i concorrenti non siano più quelli di una volta. Con l’eccezione delle ex Repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale, tutti i Paesi che prima facevano parte direttamente dell’orbita di Mosca o del patto di Varsavia, non solo se ne guardano bene dal partecipare a questa manifestazione; molti vivono nel terrore che il Cremlino possa ancora accampare pretese sui loro territori.
Non potendo più vantare il proprio circolo geopolitico, la Russia si deve accontentare di ospitare quei Paesi che vorrebbero entrare nel nuovo ordine globale a trazione russo-cinese (dove l’aggettivo “russo” è un orpello autorizzato da Xi Jinping per non fare rimanere troppo male la Piazza Rossa) o che quanto meno non lo vogliono scartare a priori per questioni di quieto vivere. E quindi, eccoli qui, ai nastri di partenza la Bielorussia (di fatto il giardino di casa di Mosca), il Brasile, la Cina, la Colombia, Cuba, Egitto, Etiopia, India, Kazakhstan, Kenya, Kirghizistan, Madagascar, Arabia Saudita, Serbia, Sudafrica, Tagikistan, Emirati Arabi Uniti, Venezuela e Vietnam.
Si tratta sostanzialmente di 22 nazioni che hanno poco a che vedere l’una con l’altra, ma che vogliono comunque presenziare, se non per ingraziarsi Mosca, almeno per lanciare un messaggio a quell’altra parte di mondo. Il Cremlino, ovviamente, ci sguazza e cerca di rivendere la partecipazione alla manifestazione quasi come la firma di un documento programmatico sul mondo che verrà. Il vicepremier, Dmitrij Chernyshenko, che domani parteciperà alla cerimonia di inaugurazione, ha spiegato che «la condizione principale per partecipare è la condivisione dei valori spirituali russi». Mosca, insomma, punta sul pentagramma, tanto che, alla conferenza stampa di presentazione della manifestazione, ha schierato anche il ministro degli Esteri, Sergeij Lavrov, che, in effetti, nel ruolo di corista che replica la versione del presidente-zar Vladimir Putin, ha dato prova di grande abilità. «Stiamo rilanciando l’Intervision dell’era sovietica, ma dobbiamo tener conto delle realtà contemporanee» ha spiegato il capo della diplomazia russa, aggiungendo che la manifestazione rappresenta «una piattaforma per rafforzare la reciproca comprensione e i legami culturali, una piattaforma libera da discriminazioni». Parole pronunciate in uno dei Paesi meno liberi del mondo, dove molti artisti sono stati perseguitati per le loro opinioni e dove, da sempre, non si può nemmeno cantare in santa pace.

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