La Russia assolda ragazze africane per produrre droni
Sotto la copertura di un «programma di formazione professionale» nel distretto industriale più all’avanguardia, un sito Web attira giovani dalle mani adatte ad assemblaggi di precisione

Le immagini sul sito sono invitanti: ragazze nere con le trecce afro che sorridono, leggendo sedute su letti a castello. Si direbbero universitarie in vacanza studio. In realtà, sono operaie africane reclutate dalla Federazione Russa per assemblare droni in fabbriche del remoto Tatarstan, un migliaio di chilometri a est di Mosca e circa 1.500 dal confine ucraino. Quei droni sono gli stessi che bersagliano, a centinaia, le città ucraine e che l’Iran ormai fornisce sempre meno e solo a pezzi. Era il giugno di due anni fa quando la Casa Bianca diffuse foto satellitari che confermavano l’esistenza di fabbriche di droni in Russia. E non è una novità che Mosca attinga manodopera dagli Stati africani “amici” per i lavori che i russi non trovano economicamente attraenti. Nel Paese la disoccupazione è al 2% e per gli uomini delle regioni più povere arruolarsi nell’esercito è più remunerativo che lavorare in fabbrica. Ora un’inchiesta di Le Monde ha portato allo scoperto un traffico di giovani africane che alimenta l’industria russa bellica.
Tutto, tranne i droni, è in chiaro sul sito https://startworld.alabuga.ru L’offerta è quella di una formazione lavorativa nella Alabuga Sez, la “zona economica speciale” (Sez) di maggior successo della Federazione Russa. Dove le aziende, anche straniere e soprattutto cinesi, arrivano attratte da un regime fiscale allettante: tassazione al 2%, zero imposte doganali e zero Iva sui materiali e macchinari importati, zero tasse sulla proprietà e sui trasporti. In questo bengodi dello sviluppo economico, si offrono posti di lavoro. In svariati settori: dalla logistica al catering all’ospitalità all’industria. Per chi volesse candidarsi, i requisiti sono pochi e chiari: essere donne fra i 18 e i 22 anni, cittadine di uno degli 85 Paesi della lista (dall’Algeria all’Azerbaigian, passando per quasi tutti gli Stati dell’Africa, oltre a Bielorussia, Moldavia, Armenia, Tagikistan…), diplomate, munite di passaporto ed esenti da malattie croniche. All’arrivo è previsto un check-up medico: le non idonee saranno respinte. Il programma offre l’alloggio in residenze apposite nella stessa Alabuga, a tariffe calmierate. Stanze in condivisione fornite di frigo, doccia, biancheria e lavatrice. Il contratto di lavoro è promesso entro due mesi dall’arrivo. La retribuzione va dai 420 ai 680 euro mensili: non molto per un russo, ma abbastanza agli occhi di parecchie africane. Nella procedura di ammissione, che si può avviare su Telegram seguendo le semplici istruzioni fornite dal sito, è richiesto l’impegno a imparare almeno cento parole di russo. Di qui le foto promozionali delle ragazze, radiose, con i libri in mano.
Secondo Le Monde, dal 2023 sarebbero centinaia le africane che svolgono manualmente le delicate operazioni di precisione (per questo vengono preferite le mani di giovani donne) richieste dal montaggio di parti degli Shahed-136 iraniani con componenti elettroniche fabbricate in Cina. Rifiniti in nero, i droni vengono poi chiamati Geran 2. Negli ultimi due anni la produzione sarebbe passata da 10 a 20 al giorno. Per un totale di cento ogni settimana. Il sito industriale della Alabuga Sez è di proprietà della Repubblica autonoma turcofona del Tatarstan, ma la commessa bellica è destinata al ministero della Difesa russo. Nel contratto, di fine 2023, sarebbe prevista la consegna di 6.000 droni entro il prossimo settembre, ma già ad aprile 2023 ne erano stati forniti 4.500 e con questi tempi di produzione fra due o tre mesi verrebbe superata quota 11mila.
L’americano Institute for Science and International Security ha acquisito foto satellitari dell’area di Alabuga nell’aprile dello scorso anno, dopo che un drone ucraino aveva colpito diversi edifici (lo stesso giorno fu colpita anche una vicina raffineria). Dalle immagini risultano danneggiati i dormitori, ma intatte due vicine zone di produzione, che risultano munite di strutture metalliche anti-drone sui tetti. Sempre l’Istituto di Washington sostiene, citando documenti interni di Alabuga, che nella produzione di velivoli senza pilota sono stati coinvolti studenti del locale Politecnico, molti dei quali nel 2023 avrebbero svolto periodi di formazione tecnica in Iran.
Nel corso dei quaranta mesi di guerra in Ucraina, Mosca avrebbe lanciato circa 30mila droni del tipo Shahed-136. Con un’accelerazione rapida negli ultimi mesi: 3mila solo a giugno. Il ricorso massiccio agli attacchi dal cielo si spiega con le difficoltà e le enormi perdite sul terreno. E se l’industria bellica ricorre a manodopera africana, anche tra i militari spuntano reclute provenienti dalle zone di influenza russe: gli ucraini hanno catturato due camerunensi vicino al fronte di Siversk, nel Donetsk. I due, identificati come Jean Pafe e Anatole Frank, hanno detto di essere arrivati in Russia rispettivamente per lavorare e per curarsi: sarebbero stati costretti ad arruolarsi e spediti in guerra. Sostengono di aver condiviso la trincea con africani dello Zimbabwe, asiatici del Bangladesh e cinesi.
Nei giorni scorsi la Corea del Nord si è detta pronta a inviare fino a 25mila operai in Russia, presumibilmente nella Alabuga Sez, per aiutare Mosca ad aumentare la produzione di droni. E su quella che ufficialmente è una fabbrica di auto di Alabuga si è abbattuto il 15 giugno un attacco di droni ucraini. Il bilancio fornito dal governatore locale era di un morto e tredici feriti.
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