La Nobel Narges Mohammadi: «L'Iran è cambiato. Ora un libero referendum»
Conferenza stampa alla Camera promossa da Laura Boldrini a tre anni dalla morte per tortura di Mahsa Amini, condannata per il velo non portato correttamente. In collegamento l'attivista iraniana

Sono trascorsi tre anni esatti dall'uccisione di Mahsa Amini, la giovane curda iraniana morta in custodia della polizia morale che l'aveva arrestata a Teheran con l'accusa di non indossare correttamente il velo. Quel 16 settembre 2022 davanti all'ospedale Kasra della capitale, dove la giovane muore dopo tre giorni di coma, va in scena il primo nucleo della protesta che in pochi giorni dilagherà per mesi in tutto l'Iran al grido di "Donna, vita, libertà".
Lo slogan diventa sinonimo del movimento che ha animato la più vasta ondata di manifestazioni contro la Repubblica islamica dalla sua nascita nel 1979. Quel grido ha cambiato linguaggio e forme, si è adattato alla repressione, ma non si è mai fermato e ha generato un cambiamento ormai irreversibile nella società iraniana. Non ci sono più le manifestazioni di piazza, soffocate nel sangue, ma la ribellione continua a vivere nei gesti di resistenza silenziosa, nei dibattiti pubblici e privati tra donne ma anche tra gli uomini che stanno cambiando il panorama culturale del Paese.
Dopo i 12 giorni di guerra con Israele a giugno, la repressione degli oppositori si è intensificata. Secondo i dati di Ong internazionali, l'Iran è ai vertici mondiali per numero di esecuzioni capitali, colpendo in particolare giovani coinvolti nelle proteste del 2022. Alle ultime elezioni presidenziali nel 2024 è stato ammesso un candidato non proveniente dal clero e ritenuto moderato, Masud Pazeshkian, poi eletto presidente. "Donna, vita, libertà" è riuscito a imporsi come un movimento inclusivo, che raccoglie le rivendicazioni di altri settori sociali: dalle proteste contro la povertà e la disoccupazione a quelle per la crisi ambientale e idrica.
«Un referendum libero, con la supervisione della comunità internazionale, per porre fine all’apartheid di cui sono vittima le donne in Iran e alla repubblica islamica che lo sostiene». La Premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi nel corso di una conferenza stampa alla Camera è intervenuta in collegamento dal suo appartamento a Teheran, dove si trova temporaneamente, per ragioni di salute, in attesa di dover tornare in carcere a scontare la sua pena.
Il collegamento è stato promosso dalla deputata del Pd – ex presidente della Camera ed ex portavoce per il Sud Europa dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) – Laura Boldrini, presidente del Comitato permanente sui diritti umani nel mondo della Camera, in occasione del terzo anniversario dell'uccisione della giovane curda iraniana Mahsa Jina Amini, avvenuta a seguito di torture, e della contemporanea nascita del movimento "Donna, Vita, Libertà" in Iran. «Il nostro movimento non è riuscito a far cadere il regime, ma è riuscito nell’intento di far cadere la sua credibilità, la fiducia del popolo iraniano. La promessa fatta da Khomeini nella rivoluzione del 1979, che instaurò la repubblica islamica per dare il potere al popolo, non è mai stata mantenuta, ma l’opposizione a questa dittatura di matrice religiosa non è stata mai tanto forte, anche grazie alla mobilitazione dell’opinione pubblica occidentale, specie in Italia, di cui sono stata costantemente informata. Accanto alla preoccupazione per un regime sempre più in difficoltà e sempre più oppressivo in me c’è anche tanta fiducia – ha concluso Narges Mohammadi -. Prevedo grandi cambiamenti in Iran».
Durante la conferenza stampa hanno preso la parola anche Parisa Nazari, attivista per i diritti umani e diritti delle donne, Shady Alizadeh, avvocata, esponente del Partito Democratico, e Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. Il quale ha fornito la tragica contabilità della repressione del regime di Teheran, che ha fatto registrare circa 800 impiccagioni nel 2023, 900 lo scorso anno, mentre per il 2025 siamo già a quota 930. «Ma senza la vostra mobilitazione la situazione sarebbe anche peggiore», ha detto la premio Nobel. Un segnale in tal senso viene considerata la mancata esecuzione, anche se al momento si tratta solo di un rinvio, di Pakshan Azizi, Sharifa Mohammadi e Warisha Muradi, tre donne condannate a morte dallo Stato iraniano, alle quali la città di Fabriano ha concesso la cittadinanza onoraria. «Una mobilitazione che deve continuare», ha auspicato Boldrini, ricordando la situazione di queste tre donne che vedono la loro vita a rischio immediato.
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