La luce di suor Luisa Dell'Orto vive nel centro Kay Chal, a tre anni dall'assassinio
Mentre a Port-au-Prince imperversa la violenza delle gang, nella scuola 300 bambini vanno a lezione. Falou, insegnante, racconta: «Quando i piccoli hanno bisogno, gli adulti devono esserci. Ce lo ha insegnato suor Luisa, che è sempre con noi»

Sulla parete dell’aula dove decine di bambini si riuniscono per fare lezione è appesa una foto di suor Luisa Dell’Orto. C’è il suo sorriso, il volto pulito, una camicia blu. Sono passati tre anni e mezzo da quando la missionaria è stata presa di mira e uccisa con quattro colpi di pistola a Port-au-Prince, la capitale di Haiti. Pochi giorni dopo, in un accorato Angelus, papa Francesco aveva parlato della sua vita come di «un dono per gli altri fino al martirio». Il suo volto continua a riempire Kay Chal, “Casa Carlo”. È un centro educativo che la religiosa fece rinascere nel 2010, dopo il terremoto che sconvolse la vita di Haiti. Una scuola, un rifugio per i bambini, un luogo dove crescere: Kay Chal continua ad essere tutto questo, e con numeri molto significativi. Oggi più di 300 bambini partecipano alle attività e la struttura può contare su una équipe di insegnanti ed educatori ben rodata. Lo racconta Falou, che dopo essere cresciuto fianco a fianco di suor Luisa è diventato il responsabile del centro. Spiega che, proprio oggi, a Kay Chal è un giorno di festa: si celebrano i quindici anni della scuola e si ricorda Charles de Foucauld, il santo a cui la struttura è dedicata.
«Abbiamo preparato una serie di giochi per i bambini e un momento di riflessione con un sacerdote» dice, poi spiega come è organizzata la struttura: «I bambini ci frequentano tutti i giorni, divisi per fasce di età e per attività. Una sessantina va a lezione al mattino, abbiamo tre classi attive con tre insegnanti titolari». Altri arrivano per fare i compiti al pomeriggio, altri ancora per laboratori che si svolgono soprattutto il venerdì. «Abbiamo dieci gruppi di lavoro e organizziamo attività molto pratiche - specifica Falou –. Ad esempio un laboratorio di artigianato in cui si impara a costruire valigette e altri oggetti di tela o uno di biochimica in cui si realizzano profumi, saponi, detergenti». Poi c’è lo sport, «calcio e basket». Nessuno dorme a scuola, le porte si chiudono nel tardo pomeriggio e si riaprono al mattino presto.
I minori che frequentano Kay Chal hanno situazioni di miseria e violenza alle spalle. Alcuni sono bambini di strada, altri sono i cosiddetti “restavek”, minori che vengono mandati in città dalle famiglie che vivono fuori dai grossi centri abitati, con la speranza che possano studiare. In realtà, diventano domestici nelle case di parenti che li trattano a tutti gli effetti come tuttofare. Sin dall’inizio, suor Luisa aveva scelto di metterli al centro. E oggi sono loro a riempire il cortile della scuola, come mostra Falou con una serie di foto che invia su WhatsApp. Alcuni giocano a palla, altri realizzano cartelloni con disegni e frasi. Le varie attività vengono animate da volontari che negli anni hanno conosciuto e frequentato Kay Chal: la scuola è diventata un patrimonio comune ben radicato nel territorio, che continua a germogliare e a dare frutti preziosi. Non è isolata da ciò che accade all’esterno. Queste settimane, ad esempio, sono state molto complicate. «Negli scorsi giorni ci sono state molte sparatorie per strada e un durissimo scontro tra gang e polizia – testimonia ancora Falou –. I banditi hanno rapito almeno sei persone, tra cui due ragazze molto giovani. Hanno chiesto un riscatto di migliaia di dollari, che è impossibile ripagare. Ma se anche le famiglie avessero i soldi, poi i banditi ne chiederebbero altri. È una situazione terribile, i familiari sono disperati».
La violenza pervasiva delle gang, la miseria, l’assassinio di suor Luisa il 25 giugno 2022. Che cosa motiva gli insegnanti e i volontari a continuare tutte le attività?«Quando i più piccoli hanno bisogno, gli adulti hanno il dovere di andare avanti e accompagnarli – risponde Falou –. Per me lavorare qui è una grandissima gioia, mi dà tanta soddisfazione. Ogni giorno diamo tutti noi stessi perché le cose possano funzionare bene, per offrire momenti di svago e ritagliare spazi in cui il cuore dei bambini possa essere felice». Mentre parla, Falou cita più volte suor Luisa. Il suo nome è anche nella foto WhatsApp del ragazzo. «Lei rimane un simbolo per tutti noi di Kay Chal, la teniamo sempre nel cuore, non potremo mai dimenticarla perché per tutti noi è stata una madre. Io stesso non smetto mai di raccontare tutto ciò che ha fatto per me. Mi ha insegnato a vivere meglio con le persone, ad amare di più gli altri, ad aiutare». Poi Falou manda una foto dei volantini stampati per la festa di Kay Chal. Tra poco, il cortile si riempirà di bambini.
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