La Finlandia ha paura dei vicini russi e si blinda nei bunker anti-bomba
di Redazione
Lo scomodo confinante intimorisce sempre di più il Paese, entrato nella Nato solo 2 anni fa. I rifugi sotterranei sono ovunque: 50mila, in grado di ospitare 4,8 milioni di persone

«Un russo rimane un russo anche se viene cotto nel burro». Questo vecchio proverbio finlandese è noto a tutta la popolazione ed è tornato drammaticamente attuale. La Finlandia, dopo decenni di neutralità e un rapporto pragmatico con Mosca, non solo è entrata nella Nato, ma sta cambiando la sua politica, all’insegna della prudenza, nei confronti di quello che viene considerato un vero e proprio nemico. Del resto, pur non essendo mai stata parte dell’Unione Sovietica, i russi se li è trovati in casa più volte.
La più dolorosa è stata la Guerra di Inverno, combattuta fra il 1939 e il 1940, con la quale Stalin strappò il 10% del territorio nazionale, ossia parte della regione della Carelia. Un ricordo ancora vivo in tutta la popolazione, tanto che, all’ingresso nella Nato la percentuale di finlandesi favorevoli era oltre 80%.
«In Finlandia – spiega Moshes Arkady, direttore del Programma Russia, EU’s Eastern Neighbourhood ed Eurasia del Finnish Institute for International Affairs – c’è una forte coesione interna, un senso di solidarietà che affonda le sue radici nella storia. La consapevolezza delle minacce è sempre stata presente, anche durante la Guerra fredda e questo ha reso naturale per i finlandesi accettare sacrifici in nome della sicurezza e dell’indipendenza. Il servizio militare, per esempio, non è mai stato visto come un peso, ma come un dovere morale, quasi scontato, come la difesa della patria».
E, a proposito di difesa, la Finlandia è il secondo Paese in Europa per numero di rifugi anti-bomba, dopo la Svezia. Ce ne sono oltre 50mila in tutto il territorio, in grado di ospitare 4,8 milioni di persone. Per legge, tutti gli edifici, privati, commerciali o istituzionali che siano, devono avere un rifugio, che varia per ampiezza e caratteristiche in base a quante persone deve ospitare e altri parametri. Trovare quelli pubblici non è difficile. Sono segnalati da un triangolo blu in campo giallo oppure si può utilizzare l’apposito motore di ricerca sui siti dei Comune. Nella sola Helsinki ce ne sono 5.500, in grado di ospitare fino a un milione di persone, quindi più della popolazione della capitale. Il rifugio di Merihaka si trova in centro, a una profondità di circa 20 metri. «In questo modo – spiega Tomi Rask, docente di Protezione civile del Comune di Helsinki – l’impatto di eventuali bombe può essere assorbito completamente. Il rifugio è stato scavato nella pietra negli scorsi decenni e ricoperto con intonaco bianco per renderlo più accogliente».
Funziona come una macchina perfetta, che entra a pieno regime nel giro di poche ore. Tutto è calcolato al millimetro, la collocazione dei bagni e delle docce, le aree di decontaminazione, il dormitorio, i luoghi riservati allo svago e al movimento fisico, sfoghi che non possono mancare in un momento psicologicamente così delicato come un bombardamento. Nonostante si sia 20 metri sotto terra, Internet funziona perfettamente, in modo tale da garantire alle persone di lavorare. Ogni cittadino, in caso di situazione di rischio, ha tempo tre giorni per scegliere il rifugio dove trovare riparo e preparare uno zaino (che dovrebbe essere già pronto). Dal momento dell’allarme bomba ha dieci minuti per raggiungerlo.
«So che visto da lontano può sembrare strano – continua Tomi Rask –, ma per noi sapere di avere la difese attive è fondamentale. Da quando l’Ucraina è stata invasa, le persone che si iscrivono ai corsi predisposti dalla protezione civile sono aumentate». Alcuni rifugi risalgono agli anni ’50. Vengono utilizzati come posteggi, palestre, incubatori, uffici. Con i proventi degli affitti si provvede alla loro manutenzione. «In caso di attacco – spiega ancora Rask – qui ci saranno solo donne e bambini. Gli uomini saranno a difendere il Paese». Ma, anche al riparo dalle bombe, si darà comunque il proprio contributo. Ognuno nel rifugio avrà un compito ben preciso, che potrà ruotare a seconda delle esigenze e dell’organizzazione del lavoro. Tutto chiamati a fare la loro parte, in nome della libertà. Ma non ci sono solo le bombe.
«Il mezzo di pressione più evidente della Russia – commenta Moshes Arkady – è quello dei migranti. Mosca ha cercato più volte di creare tensioni sul confine. Abbiamo reagito chiudendo i valichi di frontiera. È stata una scelta radicale, ma necessaria». Per essere sicura, la Finlandia sta fortificando tutto il confine, costruendo un muro che corre lungo il 15 per cento della frontiera, per una lunghezza totale di circa 200 chilometri. Alto 4,5 metri, sarà dotato di filo spinato, telecamere per la visione notturna, luci e altoparlanti. Una misura studiata per i carri armati più che per i migranti, se si conta che il generale Sami Nurmi ha detto alle autorità di Helsinki di «prepararsi al peggio». Imatra si trova a quattro chilometri dalla Russia. Il quartiere più vicino alla frontiera si chiama Imatrovsky e ormai è una zona fantasma: dove prima arrivavano merci russe, ora ci sono alberghi e locali chiusi. Ma alla gente non importa. A pochi minuti di macchina, c’è il lago Saimaa, uno dei più belli di un Paese che è pronto a difendere il suo paradiso dalla minaccia dell’inferno.
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