Il vescovo di Teheran: «Il mio piccolo gregge, al lavoro per la pace»
L'arcivescovo di Teheran, il cardinale Dominique Mathieu: «È importante realizzare l’ideale della “Fratelli Tutti”. L’ideologia nazionalista storicamente ha portato a discriminazioni e conflitti

A più di un mese dal cessate il fuoco tra Iran e Israele si è ancora ben lontani da una ripresa delle trattative sul programma nucleare. Il compito della Chiesa, ha scritto su Fides il cardinale Dominique Mathieu, arcivescovo di Teheran-Ispahan è di «essere imparziali» e di «lavorare per la pace tra le parti».
Eminenza, in Iran i cristiani sono veramente un piccolo gregge: come potete essere un seme di pace dopo la «guerra dei 12 giorni» in un Medio Oriente squassato da numerosi conflitti?
Per il cristiano la pace è il dono di Dio ed è un lascito di Gesù Cristo dell’armonia interiore. Quando si è consapevoli che la pace inizia dentro di noi e che Gesù trasmette sempre questa pace e la lascia come eredità finale, si intraprende un cammino di conversione propizio alla pace interiore. San Giovanni Paolo II ha affermato che la pace nel mondo è intrinsecamente legata alla pace interiore dell’individuo. Non è un’idea vaga o un sogno, ma una realtà che deve essere costruita giorno dopo giorno attraverso gli sforzi di tutti. La prima e fondamentale azione del “piccolo gregge” è la preghiera: pregare per la pace dal profondo del cuore, vale più che mille parole.
I cristiani in Medio Oriente rischiano di essere percepiti come alleati, se non espressione dell’Occidente. Un rischio presente pure a Teheran?
La stragrande maggioranza dei cristiani in Iran appartiene alle etnie armena e assira, tra i quali una parte sono cattolici. Sono pochi i cristiani iraniani di origine latina: sono principalmente stranieri, tra cui anche occidentali, ma non solo. La percezione di un «Occidente» cristiano, è ancora diffusa in certi ambienti decisionali iraniani. È ancora comune pensare che la Chiesa cattolica abbia un’influenza diretta su questo Occidente. Questa idea è inesatta: sebbene l’Occidente abbia radici cristiane, oggi è estremamente secolarizzato, e questa tendenza si riscontra sempre più anche nella società iraniana. Il concetto di «mondo libero» correlato al «giusto lato della storia» si è eroso, anche se il desiderio di libertà e di valori democratici persiste: dappertutto nel mondo gente continua a lottare per i suoi diritti e l’autodeterminazione. In nazioni multi-etniche questo pone questioni interne ed esterne.
Cardinale Mathieu, sempre su Fides, lei ha pure indicato il dovere del «rispetto come fratelli» tra cristiani, musulmani ed ebrei in nome della comune discendenza da Abramo. Come riuscite a farlo in uno Stato che si definisce Repubblica islamica?
Dovunque si trovi un cristiano, anche nella Repubblica islamica d’Iran, è importante che egli veda ogni uomo e ogni donna come un fratello e una sorella, al di là delle differenze. Non dobbiamo mai stancarci di lavorare affinché si realizzi l’ideale della “Fratelli tutti” di papa Francesco. L’ideologia nazionalista, interpretata in modo esclusivo ed aggressivo e intrecciata con questioni religiose, ha storicamente portato a discriminazione e conflitti. Purtroppo tuttora la riduzione del “politico corretto” alla visione di leader autocratici che reprimono ogni libertà di espressione opposta è una preoccupazione per la Chiesa.
La corsa al riarmo negli ultimi anni è ripartita, mentre un ritorno al Trattato sul nucleare iraniano (Jcpoa) pare improbabile. Come si può incoraggiare il mondo, il Medio Oriente in particolare, ad abbandonare le armi?
Nel 1948, in uscita dalla Seconda guerra mondiale, l’Assemblea generale dell’Onu approvò la Dichiarazione universale dei Diritti Umani. Molte altre convenzioni internazionali regolano specifici ambiti e questioni di interesse per la comunità internazionale. Tuttavia, oggi vediamo che questi trattati non fungono più da deterrente contro azioni unilaterali egemoniche che potrebbero compromettere la stabilità globale. Un mondo multipolare, anche se ancora in fase di sviluppo, potrebbe offrire a più Paesi, anche piccoli, la possibilità di partecipare al processo decisionale e di influenzare le dinamiche globali. Tuttavia, alcuni tentano di imporre la loro interpretazione, e la cooperazione tra Paesi, anche in presenza di divergenze di interessi, faticherà ad attuarsi. Il trattato di Non proliferazione di armi nucleari (Tnp) e quello sulla Proibizione delle armi nucleari (Tpnw) non hanno ancora portato al disarmo e la distruzione degli arsenali nucleari di chi li possiede. Se tali arsenali vengono mantenuti come deterrente, si incoraggia altri a correre ad armarsi.
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