Il sorpasso di Afd, le ambizioni su Kiev: i 100 giorni a due facce di Merz
Più ombre che luci per il cancelliere eletto con Cdu/Csu: superato nei sondaggi dall'estrema destra, finora si è concentrato sul giro di vite anti-migranti. L'economia resta debole. Il nodo delle

Il governo di Berlino dello stop dei migranti ai confini e delle armi a Israele ha tagliato il traguardo dei primi 100 giorni. Il bilancio per ora ha più ombre che luci e le questioni interne più difficili vanno ancora risolte. Intanto l’ultradestra Afd, nei sondaggi, è tornata ad essere il primo partito tedesco con il 26% delle preferenze, l’Unione Cdu/Csu di Merz è al 24%, la Spd ferma al 13%.
Cento giorni fa, il 6 maggio 2025, il cancelliere Friedrich Merz, nel suo discorso di insediamento parlò «di un’ultima possibilità per la democrazia tedesca ed europea». Sottolineò che il suo governo di Grande Coalizione, frutto della collaborazione tra Unione Cdu/Csu e socialdemocratici della Spd, si sarebbe subito messo al lavoro «per salvare il Paese dal declino». Merz confermò il mega-piano di indebitamento da 500 miliardi di euro per rilanciare economia ed industria; parlò di «incentivi agli investimenti, riduzione di tasse sull’elettricità e della burocrazia». Finora di tutto questo poco è stato fatto, i grandi investimenti nelle infrastrutture non sono stati avviati, ancora non è stata approvata una legge di bilancio per il 2025 e per l’anno successivo.
Sono ancora aperte le discussioni all’interno del governo su pensioni, limitazioni al Bürgergeld (reddito di cittadinanza tedesco) e sulle politiche familiari. Di tutte le promesse annunciate finora l’esecutivo Merz ha mostrato coerenza soprattutto su un tema: il giro di vite su migranti e richiedenti asilo. Al primo giorno di vita dell’esecutivo, il 7 maggio, il ministro degli Interni tedesco, il cristiano-sociale bavarese, Alexander Dobrindt, ha emesso un decreto per respingere i migranti senza documenti, compresi i richiedenti asilo, alle frontiere del Paese. Una decisione che ha rappresentato e rappresenta un giro di volta completo nelle politiche migratorie da parte della Germania: dall’accoglienza ai rifugiati soprattutto siriani, scattata nel 2015 con il governo di Grande Coalizione guidato da Angela Merkel, alla chiusura e ai controlli permanenti ai confini con il governo di Grande Coalizione guidato da Friedrich Merz. La misura è ancora in vigore e finora ha permesso di respingere ai confini circa 15.000 migranti e rifugiati privi di documentazione valida o provenienti da paesi terzi. Sulla questione respingimenti ai confini, dopo ricorsi e sentenze di tribunali potrebbe esprimersi la Corte Costituzionale.
Il cancelliere Merz nei giorni scorsi ha interrotto le ferie estive per chiarire la sua decisione, sostenuta non completamente da esecutivo e partiti di maggioranza, di fermare la fornitura di armi ad Israele, che ora è pronto ad occupare militarmente la Striscia di Gaza. Merz per ora si sta mettendo in luce come un cancelliere più attento alla geopolitica e alle questioni estere che a quelle interne. La conferma ieri, con la teleconferenza con il presidente ucraino Volodomyr Zelensky a Berlino, alla vigilia del vertice Usa-Russia in Alaska, tra Donald Trump e Vladimir Putin. Il governo Merz vuole svolgere un ruolo fondamentale negli accordi tra Mosca e Kiev, e anche nella ricostruzione dell’Ucraina. Ma l’economia tedesca resta debole, la disoccupazione, dopo anni, sta salendo. La Germania è ancora in crisi. E proprio le armi sono uno dei punti di svolta su cui Merz punta, riconvertendo la produzione delle industrie pesanti.
Cento giorni fa, il 6 maggio 2025, il cancelliere Friedrich Merz, nel suo discorso di insediamento parlò «di un’ultima possibilità per la democrazia tedesca ed europea». Sottolineò che il suo governo di Grande Coalizione, frutto della collaborazione tra Unione Cdu/Csu e socialdemocratici della Spd, si sarebbe subito messo al lavoro «per salvare il Paese dal declino». Merz confermò il mega-piano di indebitamento da 500 miliardi di euro per rilanciare economia ed industria; parlò di «incentivi agli investimenti, riduzione di tasse sull’elettricità e della burocrazia». Finora di tutto questo poco è stato fatto, i grandi investimenti nelle infrastrutture non sono stati avviati, ancora non è stata approvata una legge di bilancio per il 2025 e per l’anno successivo.
Sono ancora aperte le discussioni all’interno del governo su pensioni, limitazioni al Bürgergeld (reddito di cittadinanza tedesco) e sulle politiche familiari. Di tutte le promesse annunciate finora l’esecutivo Merz ha mostrato coerenza soprattutto su un tema: il giro di vite su migranti e richiedenti asilo. Al primo giorno di vita dell’esecutivo, il 7 maggio, il ministro degli Interni tedesco, il cristiano-sociale bavarese, Alexander Dobrindt, ha emesso un decreto per respingere i migranti senza documenti, compresi i richiedenti asilo, alle frontiere del Paese. Una decisione che ha rappresentato e rappresenta un giro di volta completo nelle politiche migratorie da parte della Germania: dall’accoglienza ai rifugiati soprattutto siriani, scattata nel 2015 con il governo di Grande Coalizione guidato da Angela Merkel, alla chiusura e ai controlli permanenti ai confini con il governo di Grande Coalizione guidato da Friedrich Merz. La misura è ancora in vigore e finora ha permesso di respingere ai confini circa 15.000 migranti e rifugiati privi di documentazione valida o provenienti da paesi terzi. Sulla questione respingimenti ai confini, dopo ricorsi e sentenze di tribunali potrebbe esprimersi la Corte Costituzionale.
Il cancelliere Merz nei giorni scorsi ha interrotto le ferie estive per chiarire la sua decisione, sostenuta non completamente da esecutivo e partiti di maggioranza, di fermare la fornitura di armi ad Israele, che ora è pronto ad occupare militarmente la Striscia di Gaza. Merz per ora si sta mettendo in luce come un cancelliere più attento alla geopolitica e alle questioni estere che a quelle interne. La conferma ieri, con la teleconferenza con il presidente ucraino Volodomyr Zelensky a Berlino, alla vigilia del vertice Usa-Russia in Alaska, tra Donald Trump e Vladimir Putin. Il governo Merz vuole svolgere un ruolo fondamentale negli accordi tra Mosca e Kiev, e anche nella ricostruzione dell’Ucraina. Ma l’economia tedesca resta debole, la disoccupazione, dopo anni, sta salendo. La Germania è ancora in crisi. E proprio le armi sono uno dei punti di svolta su cui Merz punta, riconvertendo la produzione delle industrie pesanti.
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