Il nuovo report di Amnesty che documenta le atrocità di Hamas

Un dossier di 173 pagine racconta l’orrore cominciato in Israele alle 6.30 del 7 ottobre 2023 e proseguito fino al rilascio degli ostaggi vivi Violazioni del diritto umanitario commesse anche sequestrando corpi
December 11, 2025
Il nuovo report di Amnesty che documenta le atrocità di Hamas
Il memoriale per le vittime degli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023 al festival Supernova / Menahem KAHANA / AFP)
Omicidio, oltraggio alla dignità personale, tortura, presa di ostaggi, saccheggio, violenza sessuale, distruzione di beni civili, utilizzo di scudi umani, sparizione forzata, attacco indiscriminato alla popolazione civile: il nuovo report di Amnesty International, Targeting civilians, «ha trovato elementi sufficienti per concludere che molte fra queste violazioni sono state compiute da membri dei gruppi armati palestinesi, e costituiscono crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Per questi, oggi, nessuno è stato portato davanti alla legge».
Il documento prodotto dall’autorevole Ong internazionale con sede a Londra è stato pubblicato oggi, un anno e sei giorni dopo quello che ha accusato Israele di genocidio a Gaza. Per raccontare l’orrore cominciato alle 6.30 del mattino del 7 ottobre 2023, e continuato nella prigionia della Striscia fino al 13 ottobre di quest’anno, quando tutti gli ostaggi ancora in vita sono stati liberati, il report si distende per 173 pagine, densamente popolate dai dati ottenuti con le interviste a 70 persone, l’attento studio di 354 video, dai riferimenti alle oltre 1.000 note che in calce accompagnano il testo.
Durante l’attacco del 7 ottobre almeno 1.200 persone sono state uccise, 800 delle quali civili. Fra loro 36 bambini. Hamas ha sempre negato che i propri uomini siano stati coinvolti in omicidi mirati, attribuendo il massacro dei civili al fuoco israeliano. Targeting civilians dimostra inesorabilmente il contrario. Diverse persone sono state colpite per errore durante i combattimenti, altre intenzionalmente prese di mira in ottemperanza al “Protocollo Annibale”, che in circostanze estreme impone ai soldati israeliani di evitare il rapimento, che si trasformerà in ricatto politico, eliminando i propri connazionali. Ma i miliziani di Hamas, della Jihad Islamica, e in misura minore delle altre fazioni palestinesi, hanno ucciso i civili sistematicamente, spesso con un certo grado di coordinamento fra i gruppi sguinzagliati oltre il muro della prigione di Gaza. La furia omicida di quelle poche, interminabili ore, ricorda Amnesty, «è avvenuta sullo sfondo della prolungata occupazione israeliana dei Territori palestinesi, e delle diffuse violazioni dei diritti umani perpetrate contro i palestinesi, inclusa l’imposizione di un sistema di apartheid e il blocco illegale di Gaza esistente dal 2007».
Sono 15 gli israeliani uccisi dalla pioggia di razzi e colpi di mortaio partiti dall’enclave il 7 ottobre e nei mesi immediatamente successivi. Dopo il fuoco di copertura, il dilagare dei miliziani attraverso le brecce e per i kibbutz e i villaggi cresciuti intorno alla Striscia, Be’eri, Nahal Oz, Ofakim, il festival di musica techno “Nova”, incontrato per caso lungo la strada numero 232. Qui 344 giovani sono stati massacrati.
Il report dedica un capitolo a ogni principale luogo dell’eccidio, enumera le fonti, le drammatiche testimonianze, le appartenenze dei colpevoli, le ambiguità irrisolte, le difficoltà incontrate nelle indagini. Dopo la devastante incursione, la ritirata e l’inizio dell’incubo per gli ostaggi, il corpo e la mente torturati nella prigionia per i vivi, il silenzio lacerante dei corpi sequestrati. Le raccomandazioni finali di Amnesty cominciano dalla restituzione incondizionata dell’ultima salma sepolta fra le macerie di Gaza, quella di Ran Gvili. Hamas e gli altri gruppi palestinesi devono «investigare le serie violazioni del diritto umanitario internazionale, riconoscerle, denunciarle e portare i responsabili davanti alla giustizia in procedimenti giudiziari condotti secondo un meccanismo indipendente e imparziale». Israele è chiamata a cessare le violazioni nei Territori occupati, a continuare le indagini sui crimini del 7 ottobre e a garantire ai colpevoli un processo civile, aperto ed equo che non preveda la pena di morte. Hamas, Israele e l’Autorità palestinese, «devono cooperare e garantire accesso a tutte le istituzioni della giustizia internazionale e ai meccanismi dell’Onu che indagano e monitorano le violazioni della legge internazionale».

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