Cortei e sit-in: Israele è paralizzato per le proteste contro Netanyahu
di Redazione
Migliaia di persone mobilitate su iniziativa del Forum dei familiari degli ostaggi, che chiedono al governo di discutere l'accordo accettata da Hamas e la fine della guerra

È iniziata all’alba la giornata di mobilitazione indetta dal Forum dei familiari degli ostaggi per fare pressione sul governo israeliano affinché raggiunga un accordo che ponga fine alla guerra a Gaza e riporti a casa i rapiti. Le proteste hanno preso il via alle 6:29 del mattino, l’ora esatta in cui Hamas lanciò l’attacco del 7 ottobre 2023, con lo srotolamento di gigantesche bandiere israeliane davanti all’ambasciata statunitense a Tel Aviv. Un’ora più tardi, manifestazioni e blocchi stradali si sono moltiplicati nei principali incroci del Paese, dalla capitale economica al nord d’Israele.
Tra le azioni più eclatanti, il blocco del traffico sull’autostrada Ayalon, a sud di Tel Aviv, con uno striscione che recita: “La guerra dell’inganno uccide gli ostaggi e i soldati”. Centinaia di persone hanno manifestato anche davanti all’abitazione del ministro degli Esteri Gideon Sa’ar a Ness Ziona, mentre convogli e cortei hanno attraversato più città. Il programma è fitto di appuntamenti: dalla marcia “Mamme e Passeggini” in mattinata, ai “giganteschi convogli” previsti nel pomeriggio, fino alla manifestazione conclusiva. Alle 18:30, i familiari degli ostaggi guideranno un corteo dalla stazione ferroviaria Savidor Central fino alla cosiddetta “Piazza degli Ostaggi”, cuore simbolico della protesta, dove la giornata si chiuderà con un raduno di massa.

Molte aziende hanno aderito alla mobilitazione, concedendo ai dipendenti di lasciare il posto di lavoro. Anche il settore high-tech, attraverso l’High-Tech Forum, ha denunciato l’immobilismo del governo: “C’è un accordo sul tavolo, eppure Israele si rifiuta di negoziare per il ritorno degli ostaggi. Non possiamo arrenderci”.
Le accuse al governo Netanyahu
Durante le proteste, i familiari degli ostaggi hanno lanciato accuse dirette al primo ministro Benjamin Netanyahu. Einav Zangauker, madre di Matan, ostaggio a Gaza: “Avremmo potuto porre fine alla guerra un anno fa e riportare indietro tutti gli ostaggi, ma Netanyahu ha scelto di sacrificare i cittadini per il bene del suo governo”. Itzik Horn, padre di due ostaggi, di cui uno ancora prigioniero: “L’avanzamento di un piano per occupare Gaza mentre c’è un accordo sul tavolo è una pugnalata al cuore delle famiglie e dell’intera nazione”. Yehuda Cohen, padre del soldato Nimrod: “Oltre l’80% degli israeliani vuole la fine della guerra e un accordo per la liberazione dei rapiti. Oggi, al 690esimo giorno, chiediamo al governo di agire”.
La mobilitazione riflette un crescente dissenso popolare verso l’esecutivo, accusato di non avere una strategia chiara per Gaza e di ignorare la sorte dei rapiti. Le famiglie degli ostaggi, sostenute da gran parte dell’opinione pubblica, chiedono un impegno concreto nei negoziati per arrivare alla liberazione. “Il governo li ha abbandonati, ma la nazione li riporterà indietro” ha scandito ancora Zangauker, invitando i cittadini a non fermarsi.
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