L'addio all'autista: l'impegno del vescovo, le parole del fratello prete
di Redazione
Dolore, commozione, forte rabbia e le parole ripetute da un’intera comunità «non si può morire così». Questi i sentimenti della famiglia e delle tante persone presenti ai funerali di Raffaele Marianella

Dolore, commozione, forte rabbia e le parole ripetute da un’intera comunità «non si può morire così». Questi i sentimenti della famiglia e delle tante persone presenti ai funerali di Raffaele Marianella, l’autista rimasto ucciso dopo l’assalto da parte di un gruppo di ultrà reatini al suo pullman che trasportava i supporter del Pistoia Basket in trasferta a Rieti. Una funzione partecipata per dare l’ultimo saluto a Raffaele, nella chiesa di San Sebastiano a Cesano, estrema periferia nord di Roma, accompagnata dalle note di “I migliori anni della nostra vita” di Renato Zero. E poi, all’uscita del feretro, la canzone “Grazie Roma”, inno storico della sua squadra del cuore. A stringersi attorno alla famiglia, amici, colleghi e rappresentanti delle istituzioni. Presenti, tra gli altri, il sindaco di Rieti Daniele Sinibaldi che ha proclamato il lutto cittadino, e il direttore generale del Pistoia Basket, Andrea Di Nino.
Durante l’omelia, il fratello della vittima, don Massimo, priore dell'abbazia di Piona, ha ricordato Raffaele con parole intrise di dolore provando anche a lanciare un messaggio di speranza: «Quello che abbiamo vissuto non ha niente a che vedere con lo sport. Non dobbiamo farci sopraffare dalla rabbia: dobbiamo vincere il male con la forza del bene». Al termine delle esequie, il vescovo di Rieti, Vito Piccinonna, ha invitato tutti a fermarsi «ai bordi delle lacrime di Dio», davanti a una morte che interroga e ferisce l’intera comunità. Ma sapendo che il dolore non deve essere rassegnazione: «Da questa ferita devono nascere gesti di controtendenza, parole e scelte nuove, capaci di dire mai più violenza». Un appello che tocca tutti: «Le istituzioni, la città, il mondo dello sport, le nostre famiglie. Un invito a riconoscere i nostri limiti come possibilità di vita, e a credere che la volontà di Dio non è mai la morte, ma sempre il riscatto e la speranza. Respingiamo tutto il male commesso, ma anche chi l’ha commesso è figlio. Ci sono interrogativi che lacerano il cuore», ha detto don Vito, che ha annunciato l’intenzione di recarsi personalmente presso la casa circondariale per incontrare i presunti autori dell’omicidio: «Sarebbe una doppia morte lasciare tutte le cose così, è troppo poco che la giustizia faccia semplicemente il suo corso. È giusto che accanto a questo ci sia un impegno rieducativo ed educativo, soprattutto nei confronti delle nuove generazioni».
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