Scampato a un incidente, ora vado dalla Madonna a portarle il mio ex voto

Il tenore e regista, per 10 anni autore su Avvenire dei "Sintomi di felicità" da uomo di fede, artista e malato di Sclerosi multipla, racconta la sua terribile esperienza divenuta occasione
September 5, 2025
Scampato a un incidente, ora vado dalla Madonna a portarle il mio ex voto
La veneratissima icona della Madonna di Montenero, a Livorno, durante una processione
Il pensiero rivolto alla Madonna di Montenero Esterno giorno. È abbastanza tardi per avere fretta, ma troppo presto per smettere di cercare qualcosa. Salgo in sella al motorino con quella leggerezza di chi non ha idea che qualcosa sta per cambiare. C’è il sole che accarezza le cose senza volerle davvero scaldare, e un’aria tiepida, come una mano gentile appoggiata sulla spalla. Mi dirigo verso il “Tramonto d’Autore”, un concerto del Mascagni Festival che promette bellezza e malinconia, nella Terrazza Mascagni che si affaccia sul mare della mia Livorno, dove il salmastro sembra sapere tutto quello che ci succede e tace.
Aurelia. Primo semaforo, secondo. Arrivo al terzo che ha già quell’arancione sospeso, quel colore che è una domanda: posso ancora passare? O è tempo di fermarsi? Scelgo di fermarmi. E lo faccio con quella obbedienza serena che viene dall’idea che si può essere prudenti anche quando si ha fretta. Ma non passa nemmeno un secondo – non il tempo di un pensiero – che un rumore spacca l’aria: un urlo di metallo, una corsa sbagliata. Un ragazzo arriva alle mie spalle, forte. Troppo forte. E il mondo si inclina. Il motorino diventa un cavallo impazzito che non so più domare. Rotolo. Volo. Striscio. Sento la pelle che si arrende all’asfalto. E il silenzio. Quel tipo di silenzio che fa male alle orecchie. Poi, solo bianco. Un bianco totale. Come se la realtà, per un attimo, avesse smesso di essere a colori. Quando apro gli occhi, il cielo è cambiato. E anche io. Sanguino. Non capisco. Vedo il ragazzo dietro di me a terra, anche lui. Il suo motorino, storto. Le sue mani tremano. Io tremo.
L’ambulanza ha il suono di un tempo che si spezza. L’ospedale è un ventre grande e pieno di storie che si agitano, come pesci nel fondo di una rete: bambini che piangono, anziani che respirano a metà, occhi che non sanno più dove guardare. La vita si è messa in pausa. E io sono lì, in attesa, sentendomi di colpo dentro un’altra storia. E proprio lì, in quell’attimo sbandato dentro l’ambulanza, mentre il neon scorre sopra la mia testa come una promessa sbiadita, ho pensato a lei. Alla Madonna di Montenero. A quel santuario che ho visitato tante volte, anche solo per guardare gli ex voto: quadri ingenui, oggetti dimenticati, pezzi di vita graziata. Storie spezzate che poi sono ripartite. E mi sono detto: forse adesso tocca a me. Forse anche io ho ricevuto qualcosa che vale la pena raccontare. Sicuramente accenderò un cero grande, uno di quelli che tremano piano ma durano a lungo. Ma non solo: preparerò un ex voto. Perché questa non è fatta solo di dolori e cicatrici. È un nuovo inizio. E ogni nuovo inizio merita memoria. Anche se fatta di legno e pittura. Anche se piccola. Anche se appesa tra mille altre. Sarà il mio modo di dire grazie. Di restituire. Di ripartire.

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