Non lasciamo soli gli anziani: anche questa è una Porta Santa del Giubileo

I tempo della fragilità è preziosissimo, non è da scartare. C’è un “magistero della fragilità” che gli anziani più fragili esercitano non con le parole ma con il corpo
July 10, 2025
Non lasciamo soli gli anziani: anche questa è una Porta Santa del Giubileo
Vatican Media/Ag.Siciliani | Leone XIV saluta due nonni
È urgente un «cambio di passo», scrive papa Leone XIV nel Messaggio per la V Giornata dei Nonni e degli Anziani (27 luglio), affinché si dia vita a una «rivoluzione» della gratitudine e della cura verso gli anziani. Il Giubileo è un tempo opportuno per avviare un cambio di cultura sulla vecchiaia.
Papa Leone richiama l’intenzione di papa Francesco: «Ha voluto che la Giornata mondiale dei Nonni e degli Anziani si celebrasse anzitutto incontrando chi è solo. E per la medesima ragione, si è deciso che quanti non potranno venire a Roma, quest’anno, in pellegrinaggio, possano “conseguire l’indulgenza giubilare se si recheranno a rendere visita per un congruo tempo agli anziani in solitudine, [...] quasi compiendo un pellegrinaggio verso Cristo presente in loro (cfr Mt 25, 34-36)”».
Qui si parla agli anziani e alla facilitazione che viene loro concessa per acquistare l’indulgenza. Ma l’esortazione del Papa per tutti è chiara: far «visita frequentemente agli anziani, creando per loro e con loro reti di sostegno e di preghiera, intessendo relazioni che possano donare speranza e dignità a chi si sente dimenticato».
Insomma, il Giubileo si fa anche attraversando le migliaia di porte ove gli anziani sono lasciati soli e abbandonati. Vanno trasformate in “porte sante” quelle migliaia di porte dietro le quali migliaia e migliaia di anziani sono abbandonati e soli. Traversare queste porte è un vero “giubileo”, un momento di “giubilo”, di festa, per chi le traversa e per chi è visitato. E la festa sarebbe ancor più grande se divenisse possibile riportare gli anziani nelle loro case, o in luoghi per loro familiari. Beati coloro che traversano – più di una volta sola – queste porte rendendole “sante” con la visita.
Il messaggio del Papa si apre con il richiamo agli antichi patriarchi divenuti «segni di speranza». Essi mostrano che la vecchiaia non è un naufragio: è spesso un tempo in cui il Signore chiama per una nuova vocazione, un nuovo compito.
Papa Leone – sulla scia delle pagine bibliche – invita a considerare la vecchiaia come un «segno dei tempi», un tempo opportuno da cogliere in senso spirituale.
Gli anni in più concessi richiedono un ascolto attento della Parola di Dio per comprendere quale missione il Signore ci affida. Così fecero gli antichi patriarchi. Papa Leone, sfidando la cultura maggioritaria, mostra come la vecchiaia sia tutt’altro che un tempo di scarto; parla di «una beatitudine nella vecchiaia, di una gioia autenticamente evangelica», se vissuta secondo le pagine bibliche. Ma aggiunge che proprio queste pagine ci chiedono «di abbattere i muri dell’indifferenza, nella quale gli anziani sono spesso rinchiusi. Le nostre società, a ogni latitudine, si stanno abituando troppo spesso a lasciare che una parte così importante e ricca della loro compagine venga tenuta ai margini e dimenticata».
La denuncia è molto chiara. Si evidenzia la crudele contraddizione della società che per un verso ci dona più anni di vita ma per l’altro non ci sostiene, anzi, spesso ci allontana e ci abbandona. È una contraddizione amara che va rimossa attraverso un nuovo pensiero sulla vecchiaia, una vera e propria nuova cultura. Papa Leone insiste sul cambio di passo da parte di tutti: «Ogni parrocchia, ogni associazione, ogni gruppo ecclesiale è chiamato a diventare protagonista della “rivoluzione” della gratitudine e della cura... La speranza cristiana ci spinge sempre a osare di più, a pensare in grande, a non accontentarci dello status quo. Nella fattispecie, a lavorare per un cambiamento che restituisca agli anziani stima e affetto».
È una esortazione a tutto campo che richiede una nuova audacia nel riflettere su una nuova pastorale per la vecchiaia. Ma un aspetto vorrei considerare legato a questa festa dei “nonni”. Papa Francesco voleva richiamare quel legame particolare che unisce le due generazioni, quella dei nonni e quella dei nipoti. L’intento va esplicitato. Si tratta della ricchezza di significato del legame tra queste due generazioni. In un mondo anaffettivo, sottolineare la forza del legame affettivo tra nonni e nipoti è particolarmente significativo.
I ragazzi vanno educati al rispetto, all’onore per i loro nonni e per gli anziani in generale. Vorrei rivolgermi ai nonni – ne sto incontrando molti in questi anni a seguito della legge 33 sulla riorganizzazione dell’assistenza alla popolazione anziana – perché riscoprano la responsabilità di trasmettere la fede ai loro nipoti. Oggi i nonni debbono sentire la responsabilità di parlare di Gesù ai nipoti, di insegnare loro le preghiere, di accompagnarli in chiesa. Conosciamo bene le inadempienze dei genitori. I nonni di questa generazione sentano la responsabilità della trasmissione della fede. Papa Leone chiude il messaggio accennando alla condizione di fragilità degli anziani. E riporta le commoventi parole di Francesco ricoverato al Gemelli: «Il nostro fisico è debole ma, anche così, niente può impedirci di amare, di pregare, di donare noi stessi, di essere l’uno per l’altro, nella fede, segni luminosi di speranza» (Angelus, 16 marzo 2025). Il tempo della fragilità è preziosissimo. Non è da scartare, come una cultura salutista spinge a fare. C’è un “magistero della fragilità” che gli anziani più fragili esercitano non con le parole ma con il loro stesso corpo. Essi ricordano a tutti – adulti, giovani e bambini, sani e malati – che in realtà tutti siamo fragili e che dobbiamo prenderci cura gli uni degli altri.

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